Il premier ha problemi di bilancino: le nomine slittano a dopo Natale

Il risiko dei sottosegretari ancora senza soluzione. Il nodo di Ala

Il premier ha problemi di bilancino: le nomine slittano a dopo Natale

Roma - Sotto l'albero, quest'anno, saranno in molti a dilettarsi col totonomine.

La partita dei sottosegretari, ultimo step per la costituzione del governo Gentiloni, è infatti rinviata alla prossima settimana, al Consiglio dei ministri di fine anno. «Lasciamo che festeggino il Santo Natale in serenità, pensando di tornare al proprio ministero», è la battuta sadica di un anonimo ma altolocato dirigente Pd. In realtà, le conferme saranno molte, probabilmente la stragrande maggioranza di quelli che facevano parte dell'esecutivo guidato da Matteo Renzi. «Ci saranno meno cambiamenti possibili», dicono i ben informati, «tanto questo governo deve durare al massimo quattro o cinque mesi».

Qualche giro di poltrone però ci sarà, anche perché sono in campo due nuovi ministeri: lo Sport di Luca Lotti e la Coesione territoriale di Claudio De Vincenti, e dunque c'è un po' di spazio in più per nuove aggiunte. E c'è una nuova titolare al ministero dell'Istruzione, Valeria Fedeli, che potrebbe puntare ad un cambio di squadra (si fanno i nomi di due esperte della materia, le esponenti Pd Francesca Puglisi e Simona Malpezzi), e Anna Finocchiaro ai Rapporti con il Parlamento.

Tant'è che la nomina è slittata a dopo Natale perché «la quadra non è stata ancora trovata», spiega chi sta seguendo il dossier, e - come ad ogni nuovo governo che si forma - si lavora di bilancino per distribuire i posti rispettando gli equilibri della maggioranza e quelli interni alle correnti Pd. Un lavoro di cesello delegato dal premier Gentiloni ai capigruppo di Camera e Senato, Zanda e Rosato.

Una delle questioni ancora aperte riguarda Ala, la formazione guidata da Denis Verdini e forte soprattutto al Senato: la riconferma di Enrico Zanetti - che viene da Scelta Civica ma si è alleato con i verdiniani - a viceministro dell'Economia è stata assicurata, ma nella maggioranza si confrontano due scuole di pensiero: quella più «dura» (di cui farebbe parte lo stesso premier) che sostiene che il suo posto basta e avanza, visto che i verdiniani non hanno neppure votato la fiducia al nuovo governo, e che comunque la loro nomina darebbe certamente adito a nuove pretestuose polemiche della minoranza Pd e delle opposizioni, che Gentiloni si risparmierebbe invece molto volentieri. Tanto più che, come dice ironico un dirigente parlamentare del Pd, «il problema di questo esecutivo non sarà certo quello di trovare i voti: in tutto il Parlamento, a parte noi, non c'è un'anima che voglia andare alle elezioni. Quindi, con una scusa o con l'altra, qualcuno si sacrificherà sempre per tenerlo a galla, come si è visto anche nel voto sulle banche. E alla fine dovrà essere Paolo Gentiloni stesso a staccare la spina».

L'ala «morbida», rappresentata da tutti coloro che vogliono allargare la maggioranza attorno al governo per andare avanti più a lungo possibile, si batte invece per allargare la delegazione di Ala ed affiancare al viceministro Zanetti anche qualche sottosegretario del gruppo di Verdini.

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