Ma il premier è un metaverso a scadenza
15 Maggio 2022 - 06:00Se lo guardi da Palazzo Chigi il mare della politica italiana non sembra poi cosi turbolento.

Se lo guardi da Palazzo Chigi il mare della politica italiana non sembra poi cosi turbolento. Ci sono certo increspature e malumori, ma sono solo rumori di fondo che alla fine non influenzano l'azione di governo. Nessuno ha davvero il coraggio di far saltare il banco. È una «pax draghiana» che nei tumulti della pandemia e di una guerra dai confini ancora incerti offre all'Italia un minimo di stabilità. Draghi è il punto fermo a cui tutti bene o male si sono allineati o rassegnati. Questa condizione di equilibrio non è destinata a durare a lungo. Il governo ha una scadenza naturale, segnata dalle elezioni politiche della prossima primavera. Allora c'è da chiedersi quanto di tutto questo non sia solo un'illusione ottica. È come se la stagione di Draghi come capo del governo rappresenti una sorta di realtà aumentata, un viaggio nel metaverso della politica, dove prima o poi si sarà costretti a uscire, per fare i conti con lo scenario che si muove sotto il «draghismo». È qui che si vede lo smarrimento di chi un giorno si sfiderà per andare a governare. I partiti sono proiettati sui sondaggi settimanali e sul voto. Ogni mossa è proiettata al consenso e ai tentativi di creare nuove coalizioni dopo che le vecchie di fatto sono saltate. Non c'è però un'idea politica forte e neppure un'idea di mondo. Non c'è una visione strategica sul futuro dell'Italia. Ci sono solo manovre tattiche e l'idea che in qualche modo quando si arriverà all'appuntamento elettorale le divisioni e le fratture si aggiusteranno. Il centrodestra è come se avesse abbassato il tasto «pausa» per non affrontare i problemi nati dopo il ritorno di Mattarella al Quirinale. È da allora che i leader hanno smesso di confrontarsi, lanciando ogni tanto solo dei messaggi trasversali. Il rapporto di fiducia tra Salvini e Meloni è una linea piatta. La stessa Lega va su e giù tra responsabilità di governo e vecchie tentazioni. L'idea di un centro con il marchio Draghi sembra un'altra illusione. A sinistra va pure peggio. Letta e Conte ormai faticano a trovare qualcosa di cui parlare, divisi dalla guerra, dalla Nato, dal rapporto con Draghi o con Salvini. Il «campo largo» si è slabbrato. Letta si ritrova così a dover dare ragione a Renzi: non si può costruire un futuro con i Cinque stelle. È così che il Pd si rinserra nelle sue bandiere: ius soli e legge Zan. È la sua sola zona di conforto.