Il premier rialza i toni Franceschini lo attacca: "Sei un irresponsabile"

Disappunto del Colle per gli affondi di Matteo E il ministro si sfoga alla Camera con i suoi

Il premier rialza i toni Franceschini lo attacca: "Sei un irresponsabile"

La «ragionevolezza» di Matteo Renzi è durata lo spazio di una giornata. Giusto il tempo di metabolizzare il faccia a faccia di mercoledì scorso con Sergio Mattarella, un incontro nel quale il capo dello Stato ha invitato con una certa fermezza il premier ad «abbassare i toni» e tenere un «comportamento ragionevole». Per 24 ore la tregua ha retto, al punto che Renzi giovedì faceva veicolare dai suoi una sua disponibilità a restare a Palazzo Chigi anche in caso di sconfitta, purché «di misura». Una mano tesa alle preoccupazione del capo dello Stato e di chi teme che una vittoria del «no» e una conseguente crisi di governo possa destabilizzare il Paese facendolo tornare in balia della speculazione. Già ieri, però, il premier ha deciso di tornare ad alzare l'asticella. E proprio mentre lo spread schizzava a 190 punti - il massimo da maggio del 2014 - Renzi ribadiva che «chi vuole la palude e un governo tecnico vota no». Insomma, se le ragioni del «sì» dovessero uscire sconfitte dalle urne, il premier continua a immaginare uno scenario nel quale non c'è lui a Palazzo Chigi, ma la «palude» e un esecutivo «tecnico». Concetto ribadito parlando di un eventuale confronto per ridiscutere la legge elettorale. «Se vince il no Berlusconi si troverà al tavolo con Grillo e D'Alema» perché «il mio obiettivo non è restare attaccato alla poltrona di Palazzo Chigi».

Le sortite del premier, ovviamente, non sono passate inosservate né al Quirinale né nel Pd. Sul Colle, dice chi ha canali diretti con Mattarella, è tangibile un certo disappunto, mentre dentro il Partito democratico il clima è caldo come non accadeva da tempo. Al punto che ieri il ministro Dario Franceschini non ha lesinato pesanti critiche a Renzi in vari conciliaboli avuti in Transatlantico con deputati dem di diverse correnti. «Matteo è un irresponsabile», ha ripetuto in più occasioni Franceschini riferendosi alla grande agitazione che si respira sui mercati finanziari dove la vittoria del «no» viene data ormai per certa. «È da irresponsabili - ha ripetuto il ministro dei Beni culturali - pensare di chiamarsi fuori se vince il no», perché lo scenario in cui ci stiamo muovendo ci impone di assicurare al Paese stabilità. D'altra parte, è chiaro che i 190 punti di spread registrati ieri non sono altro che un assaggio di quello che potrebbe succedere il 5 dicembre. E infatti, nonostante ieri Pier Carlo Padoan lo smentisse categoricamente, il timore del ministero dell'Economia è proprio quello che l'Italia stia per essere oggetto di un attacco speculativo in grande stile.

In questo scenario, dunque, l'approccio aggressivo di Renzi rischia di non essere indolore. Il muro contro muro, infatti, non favorisce una soluzione non conflittuale di un post referendum che - comunque finisca la partita - si annuncia complicato. In questo clima, d'altra parte, non è affatto escluso che anche in caso di vittoria del «sì» Renzi possa decidere di investire il risultato referendario andando subito a elezioni anticipate a giugno (che sono altamente probabili in caso di vittoria del «no»).

Non è un caso che nonostante la moral suasion del Colle e il fatto che sia Silvio Berlusconi che Angelino Alfano pare siano pronti a discutere una riforma elettorale con una corposa quota di proporzionale (circa 400 collegi su 630), ad oggi il premier continui comunque a dirsi «non disponibile» ad alcuna trattativa.

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