Il premier si assolve e trova i colpevoli: i drink e la burocrazia

Conte promuove il suo operato: "Fatte le scelte giuste". E bacchetta pure le banche

Il premier si assolve e trova i colpevoli: i drink e la burocrazia

Un buffetto ai bravi cittadini che hanno obbedito al lockdown: «Se il peggio è alle spalle lo si deve a loro». Ma anche un severo rimbrotto a chi pensa di potersi rilassare troppo: «Non è tempo di movida», tuona il Savonarola di Palazzo Chigi.

Dopo lunghi rinvii, dovuti al ritardo con cui il decreto Rilancio, trionfalmente annunciato, è stato effettivamente scritto, Giuseppe Conte va in Parlamento ad annunciare l'apertura ufficiale della Fase 2. Autopromuove il governo (e, di riflesso, i cittadini obbedienti) per come ha gestito la serrata di questi due mesi, e concede ampi elogi alla propria forza d'animo: «Forse non tutti avrebbero assunto all'inizio decisioni così sofferte, suscettibili di incidere su alcuni diritti fondamentali. Tuttavia dopo tre mesi esatti dal primo caso, possiamo affermare in coscienza di aver compiuto la scelta giusta». Ammette che ritardi, inadempienze e problemi ci sono stati, ma ovviamente non dipendono da lui o dall'esecutivo. «Non sottovaluto le tensioni sociali che si manifestano», premette. Ma a non fare la propria parte sono stati se mai la burocrazia, che ora Conte annuncia solennemente di voler combattere (ma la maggioranza litiga sul decreto semplificazioni, che già slitta a giugno), e naturalmente le banche, che hanno inficiato i risultati del mirabile decreto Liquidità, le cui norme «consentono, sotto i 25mila euro, di ottenere prestiti nel giro di 24 ore. Purtroppo mi sono giunte molte segnalazioni che segnalano come nella maggior parte dei casi questo non sta avvenendo. È essenziale per questo che le banche riescano ad allinearsi». Last but not least, anche gli italiani troppo irrequieti possono diventare causa di problemi: «Non è ancora questo il tempo di party, movide e assembramenti». E niente vacanze all'estero: è dovere degli italiani fare le ferie in patria, onde «scoprire le bellezze che ancora non conosciamo o tornare a godere e visitare quelle che già conosciamo: è il modo migliore per contribuire al rilancio della nostra economia».

Rassicurato dalla chiusura della semi-crisi su Bonafede, Conte guarda al futuro e si immagina al timone del Paese per fare quelle riforme di «semplificazione e innovazione, anche sul fronte della giustizia, attese da anni in Italia: abbiamo davanti un'opportunità storica per superare i blocchi allo sviluppo del paese». In mattinata, dalle colonne del Foglio, aveva teso la mano all'opposizione, invitandola a collaborare su questo fronte (e a rilanciare la sua leadership). Peccato che i Cinque stelle, suo partito di origine, irritati per il protagonismo contiano, gli rompano subito le uova nel paniere e intervengano dopo di lui buttandosi a testa bassa all'attacco del centrodestra e della Lombardia. In aula si scatena la bagarre, e Conte è costretto a prendere le distanze: «Interventi non condivisi». Ma intanto le sue avance bipartisan sono state affondate.

E al premier tocca correre ai ripari anche su un altro fronte aperto in maggioranza, grazie alla disastrosa gestione del dossier scuola da parte della grillina Azzolina, contro la cui proposta di concorsone a quiz per i nuovi insegnanti da assumere si è scatenato il Pd, che reclama un commissariamento della ministra «incapace». E oggi, in un vertice slittato da ieri, il premier proverà a trovare una mediazione e a salvare capra (Azzolina) e cavoli (il decreto scuola, che scade il 7 giugno).

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