Il premier s'improvvisa commediografo

Nell'ora della pennichella, in una piazza Montecitorio deserta per colpa del caldo e dell'epidemia, a sentir parlare Cristian Romaniello, 5 Stelle, fino a ieri sostenitore senza «se» e senza «ma» di Giuseppe Conte, c'è da non credere alle proprie orecchie

Il premier s'improvvisa commediografo

Nell'ora della pennichella, in una piazza Montecitorio deserta per colpa del caldo e dell'epidemia, a sentir parlare Cristian Romaniello, 5 Stelle, fino a ieri sostenitore senza «se» e senza «ma» di Giuseppe Conte, c'è da non credere alle proprie orecchie. «Questa storia degli Stati generali sembra una commedia di Goldoni spiega -: si fanno queste cose quando non si sa che pesci prendere». Poi ti fa la domanda che non ti aspetti: «Ma Conte dura? Dicono che a settembre... Di Maio è sempre pronto a puntualizzare che Conte non è l'ultima spiaggia di questa legislatura. E il Premier ce la sta mettendo tutta per cadere: se ha intenzione di fondare un partito, non è che noi e il Pd stiamo qui ad aspettare che lo faccia». Alla fine ci voleva proprio un grillino per avere la definizione più azzeccata di Giuseppe Conte: un commediografo. Uno scrittore che ogni settimana sforna una commedia leggera con una vena tragica, ispirato dalla Musa Rocco Casalino. Tanti i titoli: il piano Colao, gli Stati Generali dell'Economia, la denuncia che «pezzi di Stato» lavorano contro di lui. Per non parlare dei monologhi davanti agli italiani su Dpcm e Decreti legge, parodie infinite dell'amletico «to be, or not to be». Insomma, Conte colleziona colpi di scena a non finire, che farebbero invidia anche agli sceneggiatori di House of Cards, la serie televisiva sugli intrighi della Casa Bianca che faceva impazzire Matteo Renzi. Qui, naturalmente, non siamo alla Casa Bianca e i giochi di Potere dell'inquilino di Palazzo Chigi sono all'amatriciana. «Lui è un democristiano, un prete spretato confida il piddino Umberto Del Basso De Caro -, un'interpretazione minore del Divo Giulio, che da Andreotti ha recepito solo una regola di vita: Meglio tirare a campare, che tirare le cuoia».

Così mentre il Paese soffre, mentre le manifestazioni di protesta davanti a Montecitorio, malgrado il Covid 19, sono diventate quotidiane, il Premier, in mancanza di «fatti», «tira a campare» affogando tutti nelle parole. Anche a costo di collezionare infortuni. La relazione Colao, ad esempio, merita un capitolo a sé. Addirittura c'è chi avanza accuse di plagio. «Ci sono brani del piano si infervora l'ex sottosegretario all'Economia, il leghista Massimo Bitonci che sono copiati di sana pianta dagli emendamenti dell'opposizione ai vari decreti di questi mesi. Non scherzo e mi viene da ridere se penso che sono stati scomodati fior di professori. E infortunio dopo infortunio, finito il virus, Conte non durerà: il Pd è terrorizzato dall'epidemia economica. Ad ottobre salta il quadro. E visto che non si può votare, sarà chiamato Draghi che andrà in Parlamento per chiedere l'appoggio di tutti su un programma di 5 punti. Noi ci saremo».

Poi, ovviamente, c'è da chiedersi a cosa serva il piano Colao, se poi ci sono gli Stati generali dell'Economia. Sempre che non si tratti di una «pochade». E visto che si recita ci sono provini nella maggioranza e nell'opposizione per i diversi ruoli. «Io sarò con il quarto Stato racconta tra il serio e il faceto, il piddino Andrea Romano -: quello che sta sotto la Bastiglia e attende che taglino la testa a chi siede negli Stati Generali». Mentre l'azzurro Pierantonio Zanettin sentenzia: «È il tempismo della Rivoluzione francese: ora gli Stati Generali, ad ottobre la ghigliottina».

A parte gli scherzi, specie nel Pd, le perplessità non mancano. E magari Zingaretti, che ha chiesto una «svolta» a Giuseppi, è il più amichevole con il premier. «No comment» si limita a dire in pubblico il capogruppo, Graziano Delrio, se qualcuno gli parla degli Stati Generali. Poi, però, conversando nel cortile di Montecitorio con Mauro Del Bue, suo assessore quando era sindaco di Reggio Emilia, il «no comment» si riempie di perplessità: «Ha indetto questa iniziativa senza sapere per cosa. C'è il piano di Colao, in sei punti, e ora che ne facciamo?».

E il procedere a tentoni del premier, fa immaginare a molti la sua fine. «Più sta lì e più rischia di essere il capro espiatorio di tutti confida l'ex sottosegretario leghista, Edoardo Rixi -: fino alle regionali non succederà niente. Gli elettori non capirebbero. Anche perché la battaglia sarà dura: le vocine mi dicono che addirittura la Consulta è pronta a giudicare incostituzionale il primo articolo del decreto sul Ponte Morandi, il modello Genova. Così il Pd ci farà sopra la campagna elettorale. Poi dopo il voto cominceremo a parlare, visto che a elezioni non si va. E vedo un Franceschini sulla rampa di lancio per il governo, un concorrente in meno per un Mattarella a cui non dispiacerebbe una riconferma». E già, perché uno può dire ciò che vuole, ma i nomi dei candidati per la successione al commediografo si sprecano. Draghi, ma anche Zingaretti, Franceschini, appunto, e addirittura il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini («è il nome che gira, un premier del Nord per riconciliarsi con quei territori», conferma Enrico Costa).

Insomma, un «vociare» infinito, tant'è che il forzista Osvaldo Napoli consiglia al Cav di uscire allo scoperto: «Quando Casalino comincia a parlare di pezzi dello Stato contro il governo, lui che lo Stato non sa neppure cos'è, significa che Conte è terrorizzato. Ecco perché Berlusconi farebbe bene ad intestarsi pubblicamente la proposta di un governo di Unità Nazionale».

Tanto più che ormai i segnali tra i partiti si sprecano. Anche tra il Pd e Forza Italia. Ieri, ad esempio, Andrea Orlando, vicesegretario piddino, ed Enrico Costa hanno immaginato due relatori, uno del Pd e uno di Forza Italia, per l'esame parlamentare del disegno di legge di Bonafede sulla riforma del processo penale. Un via vai di messaggi che ha fatto sorgere un dubbio a Matteo Renzi. «È bastato che io elogiassi Conte ha scherzato con i suoi ed è cominciato un fuoco di fila contro di lui. A cominciare dal Pd. A saperlo avrei subito scelto questa strada per farlo fuori e mi sarei risparmiato tre mesi di polemiche».

Resta il problema di individuare un'uscita di scena onorevole per il premier, per evitare che somigli ad un licenziamento. E alambiccandosi, non poco, sull'argomento, nei piani alti del Palazzo hanno scoperto l'uovo di Colombo, di cui è stato messo al corrente anche Dario Franceschini. Il 13 settembre scadrà il mandato alla Consulta della Presidente, Marta Cartabia. Magari il successore sarà Giuliano Amato. Intanto, però, Mattarella dovrà nominare un nuovo giudice e Conte avrebbe tutti i requisiti per quella carica: è avvocato e professore universitario.

Avrebbe un ruolo «super partes» e una sinecura di 9 anni. Insomma, potrebbe aprire un'altra fase della sua carriera con il sorriso. E in fondo sarebbe un ultimo colpo di scena e un intrigante finale per la «pochade» del commediografo.

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