Il premier temporeggia mentre il Pd trama per distruggere il M5s

Conte si aggrappa all'emergenza, intanto Franceschini cerca un'altra maggioranza

Il premier temporeggia mentre il Pd trama per distruggere il M5s

La parola che non si trova è visione. Visione per sopravvivere, visione per andare avanti, visione politica, visione per ricostruire. La evocano, uno dopo l'altro, Carlo Bonomi e Ignazio Visco. Prima Confindustria e poi Bankitalia. L'allarme è per tutti, ma qualcuno lo avverte come un messaggio diretto a lui. È Giuseppe Conte. La domanda è: questo governo può avere una visione? La risposta è no. Non è per semplice miopia, per mancanza di coraggio e forse neppure per scelta. È un limite genetico.

Il Conte bis nasce come scacco a Salvini. È la mossa del cavallo che serve a spiazzare un personaggio considerato pericoloso. È la risposta all'azzardo del leader leghista che puntava tutto sulle elezioni. La maggioranza Cinque stelle, Pd e affini, più Renzi non ha altro orizzonte se non quello di sterilizzare il salvinismo. La mossa è riuscita. Non si è mai però andati al di là di questo punto. È un limite strutturale e non c'è mai stato un punto di svolta. Il governo ha trovato, con fatica, una ragione di vita nei lunghi mesi dell'emergenza virus. Non è in grado di immaginare il dopo. La ricostruzione ha bisogno di un progetto e il premier non può metterlo in campo. Conte ci prova. Ha parlato di una serie di riforme, ma perfino lui sa che si tratta di un'illusione. Ogni volta che infatti prova a mettere sul tavolo qualcosa di concreto, la maggioranza va in fibrillazione. Perde l'equilibrio, tornano in mal di pancia, le beghe di partito e di corrente, mascherate magari con questioni di principio. Conte, di fatto, è condannato a essere nulla, a sopravvivere rinviando il più possibile i conti con la realtà. Deve insomma prendere tempo. Temporeggiare. Questa può essere anche una tattica vincente. Quinto Fabio Massimo è riuscito a sfiancare Annibale. Solo che tutto questo si sposa male con l'idea di ricostruzione.

Quanto l'economia italiana può aspettare? Il piano di rilancio del governo finora è fittizio. Sui fondi europei, dal Mes al Recovery, nel frattempo diventato Next Generation, ci si muove dietro le quinte. Conte ha evitato di presentarsi in Parlamento su temi così delicati. Il premier sa che lì salta il suo castello di carte. La speranza è di far decantare tutto fino all'autunno. Lo scenario però si intravede da tempo. È sull'Europa che i Cinque stelle prima o poi si sfalderanno: in tre parti. Un pezzo uscirà dalla maggioranza, un altro ormai vicino al Pd scommette su una nuova cosa rossa, con Fico come portabandiera, e Di Maio incarnerà un centro sudista pronto a saltare sul carro di qualsiasi vincitore. Non a caso un maestro di tattica come Franceschini proprio ieri ha parlato di alleanza strutturale tra Pd e Cinque stelle. Non è però una vera alleanza, ma è un'offerta pubblica d'acquisto su un terzo della galassia grillina. È quella che serve al Pd per far cadere il Conte bis, imbarcare responsabili centristi e dare una scusa a Mattarella per non sciogliere le Camere e chiamare le elezioni. Non è detto che il piano riesca, ma Franceschini ci sta lavorando, da mesi.

A cosa pensano Bankitalia e Confindustria quando parlano di visioni? Il nome che ricorre è sempre quello di Draghi. L'ex capo della Bce però non sembra avere gran voglia di mettersi in gioco. Allora si cerca qualcuno che un po' gli assomigli.

Vittorio Colao, messo in quarantena da Conte come leader della task force, è tornato a battere un colpo. Lo ha fatto con un progetto politico: «Il rilancio dell'Italia in 100 proposte». Sottotitolo: ridisegnare il futuro. Deve averne parlato con Bonomi e Visco. Basta confrontare le parole.

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