Tutto si svolge sulla linea che collega Roma a Bruxelles. Alle 16 il premier ungherese Orbán anticipa che nel Consiglio europeo porrà per la quarta volta consecutiva il veto sull'ingresso dell'Ucraina nella Ue e sugli aiuti a Kiev. Nel frattempo le riforme dell'Unione sono ostacolate da un pullular di "veti" come sostiene il "macronista" Sandro Gozi in un rapporto approvato dal Parlamento di Strasburgo. Qualche ora prima al Senato, invece, Giorgia Meloni aveva rilanciato una posizione storica della destra italiana: "Non sono favorevole ad allargare il voto a maggioranza nelle istituzioni europee perché certo sarebbe utile per l'Ucraina, ma varrebbe anche per molti altri temi che penalizzerebbero gli interessi nazionali". Tradotto: il diritto di veto dei Paesi membri non si tocca.
Il leghista Bagnai ha subito stappato lo champagne sovranista, mentre dentro Forza Italia sono emerse mille perplessità. Non è roba di poco conto perché il superamento del diritto di veto è stata una delle battaglie storiche della buon anima di Silvio Berlusconi come quella sull'esercito europeo: tappe obbligate se si vuole che l'Europa diventi qualcosa di serio e non resti un gigante dai piedi di argilla che conta poco o niente sulle grandi questioni internazionali, vedi il Medio Oriente o l'Ucraina. "È una posizione che cozza - osserva Alessandro Cattaneo con la nostra storia - con quelle di Forza Italia, del Ppe, di Tajani e di Berlusconi mentre è un assist per Orbán". "Stiamo parlando - fa presente il vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé - del dna di una parte costitutiva di Forza Italia. Un tema su cui la nostra posizione deve essere chiara: o sì, sì; o no, no". Tant'è che Cristina Rossello nell'aula di Montecitorio ha posto la questione apertamente: "Il superamento del diritto di veto renderebbe la Ue più efficace".
La verità è che con quel "no" la Meloni si ricollega alla "destra sovranista" europea e all'immagine cara a Donald Trump di un'Europa debole e inconcludente: il diritto di veto infatti è il sassolino che inceppa spesso il meccanismo decisionale della Ue. È già successo molte volte in passato. Abolire il diritto di veto è una riforma indispensabile per permettere alla Ue di fare un salto di qualità, per permettere all'Europa di essere l'altra gamba dell'Occidente e della Nato. Da qui la perplessità di Tajani e dei suoi e di quella parte della sinistra più attenta all'europeismo. "È quello che desidera Trump - spiega il presidente del Copasir, il piddino Guerini - per non avere un'Europa forte". "Dietro c'è Trump", gli fa eco il vicesegretario Provenzano. "Ci rende subalterni a Trump e a Putin", rimarca la Schlein.
La realtà è che la difesa del diritto di veto perpetua una contraddizione immanente: da una parte si reclama un'Europa forte, dall'altra gli si tagliano le gambe.
E l'argomento finisce per allungare l'elenco delle questioni su cui Forza Italia non si ritrova con la Premier. Nella manovra c'è l'aumento delle tasse per gli affitti brevi dal 21 al 26%. Ieri il governo ha deciso di abbassarle per gli affitti non presenti nelle piattaforme solo che la stragrande maggioranza utilizza proprio "booking.com" e "airbnb". E gli azzurri, per non farsi rubare la battaglia dalla Paita di Italia Viva, hanno subito detto che non basta. E poi c'è la questione della legge elettorale. Tajani e Forza Italia non vogliono l'indicazione del premier. "Ogni partito della coalizione - ha spiegato Tajani - deve presentare il suo candidato e quello che avrà più voti andrà a Palazzo Chigi". "Non possiamo dargli uno strumento - ragiona Dario Damiani - che favorisce Fratelli d'Italia". "Con un meccanismo del genere - sottolinea sempre Cattaneo - ci uccide".
E anche qui si riscontra una sensibilità comune con il Pd. "Per assecondare Trump - osserva Graziano Delrio - la Meloni è costretta ad assumere una posizione debole sull'esercito europeo che era un'idea fissa di De Gasperi e di Berlusconi. E sulla legge elettorale il "no" all'indicazione del premier ci interessa, eccome. A noi ci aiuta perché ci evita le primarie e alla Meloni smonta il giochetto. Magari arrivasse Marina Berlusconi in politica, scompiglierebbe non poco il quadro politico".
Appunto, la legge elettorale può diventare la cartina di tornasole dei giochi che avvengono in Parlamento. Non per nulla negli incontri della maggioranza i rappresentanti di Fratelli d'Italia non nascondono un certo disappunto. "Eppure sarebbe un aiuto a Forza Italia - hanno spiegato - perché il consenso della Meloni si riverserebbe su tutti e non solo su fratelli d'Italia. Non introdurla invece è solo favore al Pd".
Punti di vista. Per il resto Conte e la Schlein hanno sparato sulla politica economica del governo, mentre Calenda ha votato a favore. "È entrato in maggioranza", ha commentato il piddino Boccia.
Mentre Fabrizio Alfano, capo ufficio stampa di Palazzo Chigi, scommetteva in Transatlantico che la legislatura arriverà fino all'ultimo giorno: "Così diventiamo il governo più longevo di tutti i tempi. Parteciperemo al guiness dei primati di Gerry Scotti".