L'asticella per trovare un accordo si abbassa ogni giorno: ormai basta una qualunque modifica alla riforma sulla prescrizione per placare il Pd. Partiti con la richiesta di sospendere la norma, poi di introdurre una durata massima dei processi, poi una lunga sospensione della prescrizione. Ieri, il vertice di maggioranza per cercare di sciogliere il nodo della riforma Bonafede, è riuscito solo ad aprire uno spiraglio. L'ultimo livello dell'asticella è differenziare lo stop alla prescrizione a seconda che la sentenza sia di condanna o di assoluzione. I 5 Stelle in piena crisi di identità, perdono parlamentari ogni giorno e non possono permettersi cedimenti sulle battaglie di bandiera.
Zingaretti ha riposto tutte le speranze nella mediazione di Conte che, al termine del vertice ha avuto un breve faccia a faccia con Bonafede e ha ottenuto l'apertura per la sua proposta. Ma con tempi tutti da vagliare: la modifica sulla prescrizione verrebbe inserita nella legge delega per tagliare i tempi della giustizia. Bonafede usa toni esultanti: «Ottimo clima, sarei pronto a portare la riforma in Cdm anche la settimana prossima». Ma se il Pd pare malleabile, Italia viva riconosce il passo in avanti ma lo definisce insufficiente.
Alla fine l'intento comune è di prendere tempo per evitare ripercussioni sul voto in Emilia Romagna. I grillini si sono presentati buttando il pallone in tribuna con una bozza rivista della riforma accorcia-processi. Un documento con sei direttive: processi che non si fermano se cambia una sola delle toghe, giudice monocratico anche in appello, sanzioni per i pm che non rispettano i tempi delle indagini e una tagliola che rende più difficile il rinvio a giudizio se le prove non bastano, teoricamente, per una condanna.
Per mostrare di fare sul serio, il ministro Bonafede ha anche fatto sapere di aver contattato l'Anm per aprire un tavolo di confronto sulla riforma, mettendo sul piatto anche l'esca di un innalzamento dell'età massima pensionabile delle toghe da 70 a 72 anni. Ma il tavolo sulla riforma con le parti, inclusi l'Unione delle camere penali e il Consiglio nazionale forense, aveva già svolto il suo lavoro durante il governo gialloverde. Proposte però mai diventate norma. Ripartire dal tavolo con la magistratura ha tutta l'aria di essere l'ennesima mossa dilatoria.
Proprio per evitare rinvii interminabili e costringere la maggioranza a scoprire le carte (in particolare chi minaccia sfracelli ma poi si piega ai diktat del M5s), le opposizioni hanno innescato una trappola parlamentare: da martedì la commissione Giustizia della Camera concluderà l'esame della proposta dell'azzurro Enrico Costa che, se approvata, riporterebbe la prescrizione alla situazione ante Bonafede. Italia viva si è detta disposta a votare la norma se non ci sarà accordo in maggioranza. Per costringere i dem a uscire allo scoperto, Maurizio Lupi ha depositato un emendamento che ricalca la proposta del Pd: «Ci sono in gioco i diritti fondamentali delle persone -incalza Lupi- basta tatticismi». Resta l'ambiguità del Pd.
Ma c'è poca voglia di forzare la mano, almeno fino al voto in Emilia Romagna.
Rischiando di creare danni: «La previsione di misure correttive -dice Giulia Crivellini, tesoriera di Radicali italiani- non solo è illogica ma dannosa. Partire da una misura che ha come effetto quello di minare i diritti dei cittadini e di allungare i tempi della giustizia, per poi cercare di correre ai ripari con interventi successivi, è inaccettabile».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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