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"La preside parla di disgustoso rigurgito. Chi educa deve rispettare le istituzioni"

Il sottosegretario all'Istruzione: "Serve responsabilità da parte di tutti"

"La preside parla di disgustoso rigurgito. Chi educa deve rispettare le istituzioni"

Paola Frassinetti (Fdi) sottosegretaria all'Istruzione, torna da un viaggio nei «luoghi del ricordo», con il ministro Valditara e alcune scuole.

«Sì e non è cosa che accade tutti i giorni, rendere omaggio ai 2mila italiani infoibati a Basovizza, insieme al ministro e agli studenti. C'ero già stata ma tornarci con i ragazzi è stata una grande emozione, mi impegnerò affinché siano intensificati i viaggi del Ricordo».

Il ricordo di una «pagina strappata della storia», come ha detto Mattarella.

«Sì, oscurata per troppo tempo. Io ho avuto la fortuna di frequentare da ragazza le sezioni del Msi e incontravo spesso gli esuli. Un giorno una signora mi regalò una medaglietta e io l'ho portata con me lo scorso 10 febbraio al Quirinale. Pochi conoscono questa pagina e ricordare è fondamentale, visto il silenzio che ha avvolto la tragedia. La legge sul Ricordo prevede che se ne parli nelle scuole. E l'anno scorso ho presentato una mozione affinché nelle scuole vadano testimoni oculari o associazioni di esuli».

Intensificare i viaggi diceva, ma accanto ai viaggi della Memoria.

«Certo. Abbiamo appena approvato al Senato, all'unanimità, una legge che aumenta gli stanziamenti alle scuole per questo. Credo che vada fatta una proposta anche per le visite alle foibe, spesso ignorate anche nei libri di scuola. Nessuno conosce la prima strage italiana, quella di Vergarolla, spiaggia di Pola, cento morti e tanti feriti, e una figura come quella del dottor Micheletti, che continuò a operare, per un giorno intero, nonostante avesse perso due figli. Mi sono sempre battuta per evitare che si perpetui quest'oblio. Perciò importante la giornata con gli studenti alla foiba e al Magazzino 18, quello reso famoso da Cristicchi, dove ci sono le masserizie degli esuli in fuga dai comunisti titini. Toccante».

Questa è politica a scuola?

«Questo non è fare politica. Questi sono ragazzi che hanno bravi docenti. La politica poi ci sta: dibattito, rivendicazioni. Anch'io ho iniziato a scuola. L'importante è che ci sia agibilità per tutti. La violenza degli anni Settanta nasce quando qualcuno si arroga il diritto di dire: Tu no, non puoi starci, non puoi volantinare».

La destra ha subito questa intolleranza, dice lei.

«Molti hanno dovuto cambiare scuola, vittime di violenze quotidiane e soprusi, fino al caso drammatico di Sergio Ramelli».

Cosa pensa di quel che è successo a Firenze?

«Penso che ci sia stata una situazione di intolleranza verso chi voleva veicolare le proprie idee. Da lì si sono innescate situazioni violente, che io condanno, comunque c'è un clima troppo teso. Poi nel corteo contro la violenza senti inneggiare alle foibe. Non me ne capacito».

Sulla preside del liceo Da Vinci vuol dire qualcosa?

«Mi ha fatto impressione il fatto che abbia attaccato il governo parlando di disgustoso rigurgito. Una preside che si esprime così non rispetta l'espressione del voto democratico. Chi ha un ruolo da educatore non può usare questi termini».

Cosa spera?

«Il mio auspicio è che si non si torni al clima degli anni Settanta, lo dico da persona che li ha vissuti, nella scuola pubblica, sento e mi fa paura la rievocazione di quel clima. Spero che il dibattito nelle scuole sia sempre vivo ma che non trascenda mai nell'odio e nella violenza.

Dobbiamo essere tutti responsabili, soprattutto chi si occupa di istruzione».

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