Politica

La pressione del voto a luglio scatena una giornata di follia

Salvini chiede le urne subito: «Ma non a Ferragosto» I timori sui blitz in Parlamento del «governo ombra»

Il consigliere per la Comunicazione del Quirinale Giovanni Grasso
Il consigliere per la Comunicazione del Quirinale Giovanni Grasso

Se partono, partono Cottarelli. Bolliti, bruciati, ministri di un governo in costumino balneare che dovrebbe avere come unico scopo, modestissimo, quello di scavallare il cosiddetto «generale agosto» scongiurando la data che sembra ormai ingigantirsi come incubo: il 29 luglio.

Siamo a un passo, in una situazione che più intricata non si può: se il premier incaricato Carlo Cottarelli, che stamane torna nello studio alla Vetrata, dovesse rimettere il mandato, la torrida campagna elettorale avrebbe come epilogo seggi allestiti proprio quando il Belpaese vorrebbe giacere stremato sotto l'ombrellone, con effetti dirompenti anche sui risultati delle urne. Astensione a mille, anzitutto, ma senza neppure essere dato omogeneo: aree dello Stivale sarebbero avvantaggiate per il voto dalla vicinanza delle località di villeggiatura (Sud, Isole, Prealpina), altre fortemente svantaggiate. In particolare, il voto metropolitano ne uscirebbe come incognita all'ennesima potenza: tutto dipenderebbe dalle prenotazioni vacanziere. Situazione incredibile che renderebbe velenoso anche il dopo-voto delegittimando i vincitori. Eppure, nel bailamme che ha generato l'accelerazione folle di ieri verso il precipizio ha contato una serie di fattori politici non da poco.

L'annunciato «governo-ombra» di Salvini e Di Maio, con i lavori preparatori di provvedimenti legislativi predisposti nelle commissioni e spinti verso l'aula da una maggioranza decisa a forzare la mano verso una democrazia assembleare, ha creato non poco allarme. Autorevoli costituzionalisti hanno negato un'eventualità del genere - in quanto mancherebbero i requisiti del rapporto di fiducia e dunque di responsabilità che determina l'indirizzo politico di un potere -, ma la verità è che si entrerebbe comunque in un terreno vergine mai sperimentato, e una forzatura di carattere assembleare potrebbe essere pure vagheggiata. Salvo, beninteso, che un paio di giorni dopo il governo nato morto di Cottarelli il Quirinale non sciolga le Camere. In questo caso, l'unico risultato concreto sarebbe non far gestire le elezioni ancora all'esecutivo Gentiloni. Solo che, con le Camere sciolte a inizio giugno, la prima data utile per il voto è proprio quella di fine luglio.

Ieri Salvini, avvalorando da un lato sospetti, ma anche dando voce all'Italia sgomenta per quanto accade, ha fatto valere il suo punto di vista. «Non vorrei rompere le scatole agli italiani almeno nel mese di agosto. La cosa certa è che non possiamo avere un governo fantasma che magari aumenta l'Iva e aumenta le tasse sulla benzina e che poi se ne va indisturbato dopo 3 - 4 mesi. Da questo punto di vista prima è meglio è, sperando non a Ferragosto». La voce di un esecutivo «figlio di nn», dunque capace di aumentare l'Iva senza pagar dazio politico, ha inseguito il tentativo di Cottarelli durante tutta la giornata e potrebbe essere un altro dei motivi che nel pomeriggio sembravano portare il premier incaricato alla rinuncia.

Di sicuro lo sconforto a Montecitorio e Quirinale si tagliava con il coltello: da un lato la difficoltà a trovare personalità capaci disponibili a fare i ministri per tre mesi; dall'altro il dibattito in Senato dal quale emergeva la volontà di M5s, Lega e Pd di staccare subito la spina a questa scalognata legislatura, prima che sui mercati accadano altri sconquassi.

D'altronde il pasticcio di presentare un governo alle Camere soverchiato dalle opposizioni e non sostenuto da anima viva (dopo l'agonizzante Pd, pure il Maie degli italiani all'estero si sfilava dalla fiducia) pareva esser stato finalmente focalizzato anche dal Quirinale. Che in questo labirinto senza uscita sembra aver ormai smarrito l'orientamento. Ne approfittava Di Maio, passato dall'impeachment per Mattarella alla richiesta di far tornare il governo gialloverde. Si naviga a vista.

Tra marosi, psicofarmaci e ragazzini capricciosi.

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