Cronache

Prete ucciso da uno straniero. Il killer doveva essere espulso

Don Roberto Malgesini accoltellato in strada a Como da un clochard tunisino: l'ultimo rimpatrio saltato per il Covid

Prete ucciso da uno straniero. Il killer doveva essere espulso

Alle sette del mattino don Roberto è già in strada, davanti alla chiesa di San Rocco. I senzatetto hanno fame e lui distribuisce cibo, coperte, indumenti. A quell'ora c'è il giro delle colazioni: una tazza di thè a chi non ha niente. Ma il prete non fa in tempo a raggiungere la sua Panda grigia. Forse non si accorge nemmeno di quel tunisino che conosce bene e che probabilmente lo stava aspettando sotto casa. L'uomo, 53 anni, lo colpisce selvaggiamente con un coltello: il fendente fatale piomba sul collo del sacerdote che muore immediatamente.

L'assassino se ne va, ma non scappa, cammina, perdendo gocce di sangue, fino alla caserma dei carabinieri che dista circa 400 metri, e si consegna ai militari. È una tragedia della disperazione e del disagio quella che si consuma in una giornata di fine estate in una città dove l'immigrazione irregolare da tempo costituisce un problema drammatico. Ma il delitto è anche figlio delle solite procedure farraginose, dei decreti di espulsione non applicati, del perenne cortocircuito italiano nell'esecuzione delle sentenze e degli atti amministrativi. Di sicuro, affermano gli investigatori, non siamo nel terreno dell'ideologia e della radicalizzazione islamica. Siamo invece nel girone molto più affollato dei border line, senza un lavoro, senza una casa, senza affetti stabili.

La vita del migrante sta tutta in uno zainetto e in quello zainetto c'era la documentazione che avrebbe dovuto fermare la ruota dell'espulsione: i disturbi fisici, scudo contro il rimpatrio. Certo, qualcosa si è rotto negli equilibri del nordafricano. Era arrivato nel nostro Paese nel 93 e nel 96 aveva sposato un'italiana. Aveva trovato un lavoro, sembrava essersi integrato. Ma non era così. La marginalità l'aveva progressivamente risucchiato e piano piano aveva smarrito i legami sentimentali e tutto il resto. Aveva collezionato una condanna patteggiata per rissa e qualche denuncia per resistenza a pubblico ufficiale. La sua routine era andata in pezzi e quel pezzo di normalità conquistato negli anni Novanta si era perso. C'erano stati diversi provvedimenti di espulsione, non eseguiti, a partire dal 2015; poi l'8 aprile gli era stato notificato un altro decreto, sospeso a causa del Covid. Ma l'iter, pur rallentato, non si era bloccato. Proprio oggi ci sarebbe stata in tribunale, a Como, la prima udienza del procedimento. E la Curia, ironia della sorte, gli aveva messo a disposizione un avvocato.

Gli investigatori cerchiano la data sul calendario e sottolineano la coincidenza: forse è proprio quell'appuntamento con la giustizia ad aver provocato la scintilla funesta. L'uomo si sente perduto, vive ormai di espedienti e non ha più relazioni consolidate. La sua ossessione diventa probabilmente don Roberto Malgesini, il religioso che in un contesto sempre più chiuso e diffidente lo aiuta ed è diventato il suo punto di riferimento. Se le cose vanno male è colpa sua: il prete diventa il capro espiatorio, colui che deve pagare per quell'ostilità sempre più generalizzata.

Si dice che l'assassino avesse disturbi della psiche, ma non ci sono certificati medici a testimoniarlo. E però è facile pensare che quell'esistenza sempre più precaria, da clochard senza certezze, l'avesse spinto nel baratro di pensieri sempre più cupi e solitari. Alla ricerca di qualcosa o qualcuno cui addebitare i propri fallimenti. E pure il probabile ritorno in Tunisia nel peggiore dei modi, come un relitto senza futuro. Così al mattino presto, il tunisino lascia la casa parrocchiale di Sant'Orsola, doveva aveva trovato un letto, e punta verso San Rocco. Da una chiesa all'altra, accecato dalla propria frustrazione. Uccide don Roberto, scaricando sul corpo del martire la propria rabbia. Non ci sono grida, proclami o affiliazioni. C'è solo un omicidio insensato e sciagurato che mette a nudo piaghe mai curate.

E infiamma per un giorno la politica.

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