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Privatizzare è necessario

Ben venga che si ricominci a parlare di privatizzazioni, anche se, per la verità, le propone solo un partito della maggioranza, Forza Italia, dal Monte dei Paschi di Siena, alle Poste e all'Enav, fino agli scali marittimi

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Ben venga che si ricominci a parlare di privatizzazioni, anche se, per la verità, le propone solo un partito della maggioranza, Forza Italia, dal Monte dei Paschi di Siena, alle Poste e all'Enav, fino agli scali marittimi. È un primo passo, poiché dalle aziende partecipate in giù, lo spazio di privatizzazione sarebbe assai più ampio. Bisogna infatti chiarire un concetto: le privatizzazioni o, meglio ancora, le «liberalizzazioni», rendono una società più ricca e più libera. Sono un bene in sé. È giusto sostenere che le liberalizzazioni, assieme ai necessari tagli alla spesa pubblica, sono dovute all'abnorme debito pubblico gravante sul nostro Paese, che dagli anni Ottanta è andato crescendo. Il debito priva di sovranità l'Italia, la rende dipendente dagli investitori internazionali, impedisce allo Stato di svolgere il proprio ruolo di tutore dell'ordine, ma anche di «Stato provvidenza» (costruire ospedali), rende difficile finanziare le necessarie spese di riarmo? Un sovranista coerente dovrebbe essere il primo fautore di decisi tagli alla spesa pubblica. E di liberalizzazioni.

Ma il principio per cui lo Stato deve intervenire il meno possibile nella sfera economica dovrebbe essere seguito anche se disponessimo di un deficit come quello della Germania. Nel 1944, Friederich von Hayek, poi premio Nobel dell'Economia, pubblicò uno dei grandi testi della filosofia politica novecentesca: La via della schiavitù. Hayek criticava i progetti di nazionalizzazione, allora appena abbozzati, ma poi implementati sia dai governi laburisti che da quelli conservatori. Per Hayek, il predominio dello Stato nell'economia avrebbe pregiudicato non solo la produttività ma leso pure la libertà di tutti, facendo esondare la burocrazia e il ruolo dei tecnici e funzionari, che assumono un potere sempre più rilevante sul Parlamento. I politici non sono più semplici amministratori della cosa pubblica, ma diventano dispensatori di risorse economiche: in cambio, ovviamente di voti. La profezia di Hayek si concretizzò e servì Margaret Thatcher per fare uscire il Regno Unito dalla «via della schiavitù». Da noi, nonostante le buone intenzioni del primo Berlusconi, una Thatcher non c'è mai stata: anzi, a causa dell'eredità del fascismo, per cui tutto è nello Stato e niente deve esservi al di fuori, a parte la breve esperienza di De Gasperi, si è sempre più nazionalizzato che liberalizzato. Solo negli anni '90, di fronte al disastro del possibile default e al rischio concreto di essere esclusi dall'euro, i governi di Amato e di Ciampi dovettero correre ai ripari. Un'esperienza esplicitamente ricordata da Tajani. Quelle liberalizzazioni ebbero delle pecche: ma da lì bisognerebbe ripartire.

Dall'idea che meno Stato si intrufola nelle attività economiche, più ricca, libera e moderna è la società.

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