Politica

Privatizzazioni e più diritti Adesso Cuba deve scegliere

Circa 8 milioni di cubani sono stati chiamati alle urne per decidere se approvare o meno la nuova costituzione. Nella nuova Carta, destinata a sostituire quella del 1976 voluta da Fidel Castro, si parla ufficialmente dell'introduzione della proprietà privata nelle attività economiche dell'isola. Insomma, una vera e propria rivoluzione.

E così, dopo un processo durato quasi un anno e almeno 133 mila consultazioni con i cittadini, il testo della nuova carta fondamentale viene sottoposto al voto democratico, non senza polemiche e contestazioni. Molte le novità introdotte per garantire la modernizzazione del Paese: nuovo spazio ai diritti individuali come quello all'accesso all'informazione pubblica, misure garantiste di genere, ma anche modifiche istituzionali come la separazione dei poteri, l'introduzione della figura del Presidente della Repubblica e del Primo ministro, nonché alcune forme di proprietà privata dei mezzi di produzione.

Una riforma costituzionale che risponde all'esigenza di modernizzare il Paese, cercando un difficile compromesso tra chi chiede l'apertura radicale dell'isola e il superamento dei principi rivoluzionari e chi invece invoca la necessità di preservare l'esempio cubano e di proteggere l'autonomia e la sovranità dell'isola nel continente. Ragione per la quale, sostengono alcuni analisti, la riforma lascerà con ogni probabilità scontenti tutti.

La bozza di Costituzione ribadisce dunque che Cuba continuerà a essere governata dal socialismo e guidata dal Partito comunista al potere, sebbene includa importanti cambiamenti come l'esistenza del settore privato, una maggiore apertura agli investimenti stranieri e altre novità giuridiche. Per il presidente Miguel Díaz-Canel il mondo vive sotto «un periodo di minaccia imperiale» che «ricorre alle pratiche più perverse, alle cose più grossolane» per stabilire il «capitalismo neoliberale».

E non stupisce che gli occhi dell'isola, da sempre amica del Venezuela, siano tutti puntati verso Caracas e oltre i confini del regime chavista in crisi, agli altri Paesi del sub-continente schierati a fianco degli Stati Uniti d'America.

E a proposito della presenza, domenica, al confine tra Colombia e Venezuela, di alcuni presidenti latinoamericani in appoggio all'opposizone di Guaidò, il presidente cubano Miguel Diaz Canel ha usato parole forti: «Quei presidenti alla frontiera colombiana sembravano dei pagliacci - ha dichiarato - chi stavano supportando? tutti loro hanno più problemi di quelli che ha il solo Venezuela».

Commenti