Un processo che è un esperimento in vitro, una dimostrazione empirica di cosa accadrebbe nelle aule di tribunale se non esistesse la prescrizione. Ieri Marco Tronchetti Provera viene assolto per l'ennesima volta per gli hackeraggi compiuti da Telecom. Legittima e visibile la soddisfazione del manager. Ma la rilevanza del processo va oltre la sorte dell'imputato. Perché qui si dimostra in concreto che se non esistesse l'istituto della prescrizione, o se venisse ridotta al lumicino come vuole il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, la conseguenza sarebbe che i processi potrebbero trascinarsi in eterno. Esattamente come accade per Tronchetti.
Tronchetti infatti, ha rinunciato alla prescrizione. Lo fece dopo la condanna ricevuta in primo grado: «Voglio dimostrare la mia innocenza», disse. Ha precorso, insomma, la riforma Bonafede. Chissà se immaginava che a tre anni di distanza, ormai completamente incanutito, sarebbe stato ancora in un'aula di giustizia.
Le tappe sono significative. Il reato per cui Tronchetti è sotto processo avviene nel 2004, nel pieno della guerra per il controllo di Tim Brasile. Il dischetto con i documenti del rivale, «succhiato» ai computer nemici dalla security di Giuliano Tavaroli, arriva nelle mani di Tronchetti. Nel 2007, Tavaroli - finito in cella - ne parla ai pm milanesi che non ne fanno niente. Per Tronchetti la cosa sembra finire lì. Ma tre anni dopo il giudice preliminare Mariolina Panasiti, chiudendo il caso Telecom, decide invece che Tronchetti va incriminato. Perché la Procura si muova passa però un altro anno e mezzo. Perché Tronchetti venga rinviato a giudizio, un altro anno. Tempi biblici, in cui - va ricordato - non c'entrano ostruzionismi degli avvocati, trucchetti procedurali e altre bruttezze di cui cianciano oggi i magistrati anti-prescrizione. I tempi lunghi, qua, sono tutti della giustizia. Un altro anno e mezzo di attesa, e a luglio 2013 arriva la prima sentenza: condanna a venti mesi per ricettazione.
Per il processo d'appello bisogna aspettare (incredibile ma vero) quasi due anni. A quel punto il reato è prescritto, la faccenda si potrebbe chiudere lì. Ma Tronchetti rinuncia e la sentenza gli dà ragione: assolto «perché il fatto non sussiste».
La Procura ricorre in Cassazione, sei mesi dopo la Suprema Corte annulla l'assoluzione e ordina un nuovo processo d'appello. Ormai Tronchetti non può rinunciare alla rinuncia della prescrizione, il processo può andare avanti senza limiti di tempo. Il 9 febbraio 2017 Tronchetti viene assolto di nuovo, l'11 gennaio scorso la Cassazione annulla di nuovo l'assoluzione e ordina un nuovo giudizio d'appello. Il terzo! Il processo ormai è entrato in una specie di iperspazio. Ieri, Tronchetti viene assolto di nuovo.
Se la Procura generale, come è suo diritto, farà ricorso, si tornerà in Cassazione, poi magari si farà un quarto appello. Dal reato intanto sono passati tredici anni, dalla sua scoperta undici, dalla richiesta di processo sei. Questa è la giustizia che vorrebbe il ministro Bonafede.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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