Cronache

Per il processo a Benno cento testimoni in aula: "Incapace di intendere"

Prima udienza per il ragazzo che uccise i suoi genitori. La difesa scopre le carte

Per il processo a Benno cento testimoni in aula "Incapace di intendere"

Cento testimoni cercheranno di disegnare dinnanzi alla Corte d'Assise del Tribunale di Bolzano il quadro e i chiaroscuri della personalità di Benno Neumair.

Ieri si è aperto il processo per il trentunenne, chiamato a rispondere del duplice omicidio dei genitori, avvenuto il pomeriggio del 4 gennaio 2021 nella casa di famiglia. Per la morte di Laura Perselli di 68 anni e di Peter, di quattro anni più giovane, entrambi insegnati in pensione, Benno rischia l'ergastolo e l'accusa è di omicidio aggravato plurimo e occultamento di cadavere.

L'uomo ha confessato di aver tolto la vita ai genitori, strangolandoli con un cordino da arrampicata trovato nel cestino degli attrezzi, dopo giorni e giorni dalla loro scomparsa. Ora il punto focale del procedimento ruota attorno al tema dell'imputabilità o meno. Bisognerà accertare, infatti, se l'assassino fosse capace di intendere e di volere al momento del fatto, oppure se la sua capacità fosse particolarmente scemata. Ieri Benno era in aula, stretto in un maglioncino color beige e uno scaldacollo, con la mascherina chirurgica che gli copriva metà volto, accompagnato dagli avvocati Flavio Moccia e Angelo Polo. Quella arroganza che aveva mostrato nei giorni delle ricerche della coppia, sembrava svanita. «È particolarmente provato, sicuramente non sta bene, anche perché c'è una patologia - ha sottolineato il primo -. Noi riteniamo che la patologia sia stata all'origine di questi due episodi criminosi. Attendiamo con ansia il dibattimento, che sarà articolato per gli aspetti di natura psichiatrica che offre la vicenda. Benno è malato, non lo diciamo noi, ma la perizia psichiatrica disposta con l'incidente probatorio».

Questa evidenzia che il 31enne sarebbe stato seminfermo di mente solo nel compiere il primo delitto, quello del padre Peter, che sarebbe maturato in seguito a un litigio legato ai soldi. Questo, secondo i periti, avrebbe fatto da «detonatore rispetto al suo disturbo di personalità di tipo narcisistico e antisociale». Sarebbe stato capace di intendere e di volere, invece, un'ora più tardi, quando ha ucciso la madre per impedire che scoprisse l'omicidio di Peter e la sua responsabilità. Ma non ci sono prove, se non la sua testimonianza, dell'accanita discussione con il papà.

In aula la sorella Madè, seduta qualche banco dietro a Benno, è rimasta in silenzio. «È pronta ad affrontare questa cosa - detto il suo legale, Elena Valenti - non ha aspettative di nessun tipo. Però sta bene». Lei in una lettera aveva scritto chiaramente che non credeva al pentimento del fratello e in questi mesi non ha mai cambiato opinione. «Ho vissuto quei primi giorni con le immagini in televisione di un Benno a braccia larghe che si appoggiava alla balaustra della terrazza del miei genitori - aveva scritto Madè - scrutando arrogantemente in basso verso i giornalisti e i carabinieri, poco dopo lamentandosi con me al telefono su quanto fosse nauseato irritato da tutte le strane domande sentendo nelle varie interviste la sua voce gelida fabbricare spontanee teorie depistanti e palesi menzogne». «Il 4 gennaio ho provato sulla mia pelle che il bene non sempre vince il male - continuava la lettera - che l'amore di una mamma e di un papà a volte può non bastare, che le parole giuste spesso non ci sono, che nessuna possibile condanna potrà mai compensare quello che in poche ore mi è stato tolto a mani nude».

La dinamica è chiara e il giudice Carlo Busato con il giudice a latere Ivan Perathoner insieme a sei giurati, tutte donne, dovranno solo trarre le conclusioni. Al processo sono stati ammessi un centinaio di testimoni, cinquanta da parte della Procura, altri ventotto per la parte civile (la sorella di Benno e gli zii) e una ventina per la difesa, che punta a far emergere episodi e dissidi tra l'assassino e i suoi genitori per arrivare a dimostrare la sua fragilità mentale.

In aula verrà ascoltata anche la maestra d'asilo del trentunenne che quel 4 gennaio di un anno fa, da insegnante di matematica con il culto dei muscoli, si è trasformato in cinico assassino.

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