Il processo è da rifare: un cavillo può liberare il re dei narcos italiani

Annullata la condanna a 26 anni per Claudio Locatelli. Ora i legali chiedono la scarcerazione

Il processo è da rifare: un cavillo può liberare il re dei narcos italiani

È un ricorso clamoroso, ma passato sotto silenzio, quello che ha annullato la condanna a 26 anni di reclusione nei confronti del «broker della cocaina» - copyright di Roberto Saviano - Pasquale Claudio Locatelli, originario della provincia di Bergamo. Un difetto di notifica è bastato a far saltare tre gradi di giudizio e la maxi condanna per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, con l'aggravante degli ingenti quantitativi. «Un difetto di notifica della citazione a giudizio in primo grado e anche della sentenza d'appello in contumacia». La corte d'Appello di Milano ha accolto l'istanza dell'avvocato di Locatelli, Vito Felici, a maggio scorso, ma la decisione è venuta alla luce solo ora, rivelata dal Corriere di Bergamo. Il legale nel ricorso ha sostenuto come gli avvocati, a causa di mancate notifiche, non fossero stati informati del procedimento e di come l'imputato, allora latitante in Spagna, non avesse potuto difendersi. Ricorso accolto, nonostante fosse prima stato respinto in Cassazione. Ora, dunque, è tutto da rifare. La prima udienza è già stata fissata per il 18 marzo. Bisognerà ricominciare daccapo e ricostruire fatti che risalgono a vent'anni fa e per i quali nel 2015, dopo la condanna definitiva, le autorità italiane avevano ottenuto per Locatelli, detto «Mario di Madrid», l'estrazione in Italia dalla Spagna, dove era recluso da 5 anni.

In virtù di questa «vittoria» l'avvocato ha già presentato un altro ricorso per annullare anche un'altra condanna definitiva a 11 anni, inflittagli dal tribunale di Napoli, per cui Locatelli oggi è recluso nel carcere di Spoleto: «Se l'hanno estradato in virtù della condanna di Milano, allora anche quella che sta scontando va resa inefficace - spiega al Giornale -. Noi chiediamo l'immediata scarcerazione, riteniamo non possa essere scontato più nulla senza l'estensione dell'estradizione da parte dell'autorità spagnola. Al tempo era stato estradato per il solo processo di Milano, che però ora è nullo». Cavilli, falle, lacune di una macchina giudiziaria che a volte consegna paradossi.

Nei processi a suo carico si parla di tonnellate di cocaina movimentate dai cartelli colombiani all'Europa, passando per la Francia, la Spagna e l'Italia. Insieme con i flussi di denaro. Nel filone milanese che aveva portato alla prima condanna, ora da riscrivere, c'erano dodici capi di imputazione. Carichi di droga spostati in tre anni, dalla fine del 1989 all'inizio del 1992, dal Sudamerica all'Europa. Locatelli era un «punto di collegamento», secondo l'accusa. Ma i processi a suo carico sono molteplici, tutti derivanti da una maxi inchiesta transanzionale del 1994 che aveva coinvolto anche la dea americana. E tutti disseminati di eccezioni procedurali. Dopo la condanna a 26 anni, nel 2014 era arrivata anche la richiesta di rinvio a giudizio a Bari da parte della direzione distrettuale antimafia: ma anche qui, un'altra istanza sollevata dal legale, questa volta sull'avviso di conclusione indagini. Tutto era stato congelato.

Una vicenda giudiziaria lunghissima. Le prime cronache di polizia su «Mario di Madrid» risalgono al primo arresto nell''89 in Francia e alla sua evasione dal carcere: durante un trasferimento in ospedale, intervenne un commando armato a liberarlo.

Ora non sarà facile riannodare il filo, ammette il legale: «Il processo da rifare si era basato solo sulle carte prodotte dall'accusa, il mio cliente non ha potuto difendersi. Ci auguravamo che il ricorso venisse accolto, lui ha appreso con sollievo la notizia, ma ora aspetta di uscire».

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