La Procura riapre la caccia a Sala

I pm valutano il ricorso: vogliono che al sindaco sia contestata l'induzione indebita

La Procura riapre la caccia a Sala
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"Il Pirellino è stata la più grande fregatura della mia vita": così il costruttore Manfredi Catella, nel suo interrogatorio in cui ha invano cercato di evitare l'arresto, parlava dell'operazione che doveva vederlo protagonista insieme all'archistar Stefano Boeri, l'acquisto dal Comune di Milano e la coreografica ristrutturazione di un modesto grattacielo in via Melchiorre Gioia. Ora proprio quell'operazione, in larga parte abortita, è al centro dell'assedio che la Procura della Repubblica vuole portare al sindaco Beppe Sala. È per il suo ruolo nell'operazione che Sala è stato iscritto nel registro degli indagati dai pm, ma su quel capitolo d'inchiesta è arrivata la doccia fredda del giudice preliminare che ha scritto di non vederci l'ombra del reato. La Procura non si arrende, e si prepara a ricorrere contro il provvedimento del giudice Mattia Fiorentini: che ha accolto quasi in pieno le altre richieste dei pm, mettendo cinque indagati - tra cui Catella - agli arresti domiciliari, e spedendone uno in carcere, il costruttore Andrea Bezziccheri. Dando però torto alla procura sulla faccenda del Pirellino. Sarebbe un dettaglio quasi irrilevante, in una inchiesta costellata di altri capi d'accusa, se non fosse che i pm in questo modo vedono uscire il sindaco dal mirino.

Così ieri da fonti della Procura si spiega che è "allo studio" l'ipotesi di un ricorso. Nel teorema d'accusa il Pirellino rappresentava la sintesi perfetta, perché vi entravano in campo tutti i protagonisti del poligono: il signore del mattone, Catella, l'architetto di grido, Boeri, l'assessore Giancarlo Tancredi succube delle pretese dei primi due, il sindaco Sala che è il referente diretto delle pressioni di Boeri; e infine il capo della Commissione paesaggio, Giuseppe Marinoni, che prima si oppone al progetto con critiche pesanti, ma cambia opinione quando dal suo referente politico, Tancredi, gli arriva un input preciso. Per tutti, l'accusa era di induzione indebita. Ma, scrive il giudice, "a Marinoni non veniva prospettato alcun vantaggio personale per indurlo a favorire il progetto del duo Catella-Boeri". È vero che il progetto era sostenuto da Tancredi con "smaccata partigianeria", ma "le pressioni su Marinoni erano esclusivamente sostenute dal debito di riconoscenza che questo sapeva di avere con Tancredi nonché sulla sudditanza che il coinvolgimento dei più alti rappresentanti del Comune - tra cui il sindaco Giuseppe Sala - era in grado di esercitare su Marinoni". Un contesto di favori e condizionamenti che per il giudice è effettivamente il retroscena dell'operazione sul Pirellino, ma non arriva a costituire un reato. Né da parte di Marinoni né di Tancredi. E quindi neanche di Sala.

Ora anche di questo, se la Procura depositerà effettivamente il suo ricorso, dovrà occuparsi il tribunale del Riesame, chiamato nei prossimi giorni a valutare se davvero era necessario arrestare i sei indagati, nonostante le spiegazioni fornite e le dimissioni presentate da buona parte di loro. La prima udienza si terrà venerdì, verranno valutate le posizioni di Bezziccheri, l'unico in carcere, e dell'architetto Alessando Scandurra, che i pm volevano pure spedire a San Vittore ma che è stato messo ai domiciliari.

Poi via via nei giorni successivi, con i tempi stringenti previsti dal codice, verranno discussi i ricorsi degli altri quattro arrestati. Che si preparano a contestare la tesi del gip secondo cui il loro rifiuto di confessare è la prova della loro pericolosità: noi, dicono, da confessare non abbiamo niente.

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