Il prof: "È legittimo". Anche Napolitano difese il "non voto"

Il precedente dell'ex presidente. "Lo prevede la Costituzione"

Il prof: "È legittimo". Anche Napolitano difese il "non voto"
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La più classiche delle battaglie politiche pro o contro un referendum abrogativo si potrebbe trasformare nei prossimi giorni in una raffinata disputa tra costituzionalisti. L'appuntamento con i quesiti referendari dell'8 e 9 giugno, infatti, sarà preceduto - ne sono sicuri gli addetti ai lavori - da un acceso dibattito sul tema dell'opportunità di fare o meno campagna elettorale per invitare gli elettori a disertare il voto.

I padri costituenti, d'altronde, avevano previsto un quorum per il referendum abrogativo proprio per evitare che una minoranza di cittadini cancellasse una legge voluta e votata dalla maggioranza dei rappresentanti degli elettori. E molti pensano che fin da allora si è considerata l'astensione come una scelta «attiva», come un giudizio sul tema.

L'opposizione di centrosinistra, che in gran parte sta portando avanti la campagna referendaria sui quattro quesiti sul tema del lavoro e su quello della cittadinanza, attaccano gli esponenti di governo e della maggioranza che hanno espressamente scelto la posizione del «non voto». In particolare, sotto il fuoco dei partiti di sinistra e dei sindacati è finito il presidente del Senato Ignazio La Russa colpevole - a loro dire - di tradire la sua posizione di terzietà scegliendo di fare campagna per il «non voto».

La segretaria del Pd, Elly Schlein, definisce addirittura «indegna» la posizione assunta da La Russa sui referendum. E questo proprio in virtù della sua carica istituzionale. Da Giuseppe Conte, alla stessa leader dem, passando per i vertici di + Europa e Avs (Magi e Fratoianni) tutti si rifanno alle parole del presidente Mattarella per stigmatizzare la posizione di La Russa. Il Capo dello Stato, infatti, durante la celebrazione del 25 aprile aveva esortato a «non arrendersi a una democrazia a bassa intensità». Esortazione che a sinistra è stata vista come un invito alla partecipazione attiva anche ai referendum.

I costituzionalisti potrebbero a questo punto dividersi sull'opportunità che la seconda carica dello Stato contravvenga a una esortazione della prima carica dello Stato. I più rigorosi tra loro fanno già notare, però, che la nostra Costituzione non qualifica il voto come un «dovere giuridico» e che il nostro ordinamento «non prevede al momento alcun tipo di sanzione» per chi si astiene dall'esercitare il diritto di voto. E chi, come il costituzionalista Salvatore Curreri, ritiene la posizione di La Russa «sì inopportuna ma anche legittima».

Come già detto nei giorni scorsi sul nostro giornale, a suo tempo già l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si era espresso in favore del non voto. «Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità - disse a Repubblica nel 2016 -, non andare a votare è un modo di esprimersi sull'inconsistenza dell'iniziativa referendaria».

Non è irrilevante notare che dal 1974 (anno del quesito sul divorzio) al 2022 il quorum non è stato raggiunto nella metà dei referendum abrogativi proposti.

C'è poi chi, come Riccardo Magi, associa l'astensionismo degli ultimi turni elettorali con le parole del ministro degli Esteri e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, sulla scelta del «non voto».

«In un Paese in cui l'astensione alle ultime tornate elettorali ha superato il 50% - dice Magi -, e dopo l'appello del presidente Mattarella, l'appello di Tajani è semplicemente vergognoso e illiberale». «È un diritto promuovere un referendum - replica il capogruppo azzurro al Senato, Maurizio Gasparri -. È un nostro diritto non votare per scelte che non condividiamo».

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