Quella profezia di Sartori sulla cittadinanza

Il politologo scrisse un duro editoriale sul "Corriere" che fu nascosto: "Non può funzionare"

Quella profezia di Sartori sulla cittadinanza

«Lo ius soli non funziona». La lezione di Giovanni Sartori è rimasta lettera morta. Era il 17 giugno 2013 e l'allarme di uno dei politologi più stimati in Italia, nonché editorialista di punta del Corriere della Sera, non fu mai ascoltato né raccolto. Anzi, venne bistrattato e marginalizzato, spostato nella spalla destra - guarda caso - della prima pagina del giornale di via Solferino. Quasi a marcare la distanza da un pensiero che non rappresentava la posizione ufficiale del quotidiano e che non doveva far breccia sulla borghesia italiana. Il titolo dello scritto era: «L'Italia non è una nazione meticcia. Ecco perché lo ius soli non funziona». Una stroncatura in piena regola che prendeva di mira l'allora ministra «nera» dell'Integrazione Cécile Kyenge, paladina della cittadinanza agli immigrati.

«Nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica. Cosa ne sa di integrazione, di ius soli e correlativamente di ius sanguinis?», attaccava Sartori. Che poi metteva nel mirino anche il dogma dell'accoglienza e la sinistra che, «avendo perso la sua ideologia, ha sposato la causa (ritenuta illuminata e progressista) delle porte aperte a tutti, anche le porte dei Paesi sovrappopolati e afflitti, per di più, da una altissima disoccupazione giovanile». Boom. La disamina del politologo tornava poi a sfatare le teorie dell'esponente del Pd: «La ministra spiega che il lavoro degli immigrati è fattore di crescita, visto che quasi un imprenditore italiano su dieci è straniero. E quanti sono gli imprenditori italiani che sono contestualmente falliti? I dati dicono molti di più. Ma questi paragoni si fanno male, visto che imprenditore è parola elastica. Metti su un negozietto da quattro soldi e sei un imprenditore. E poi quanti sono gli immigrati che battono le strade e che le rendono pericolose?». Nessuna tolleranza nemmeno sulla convinzione che l'Italia fosse un paese meticcio: «Se lo Stato italiano le dà i soldi si compri un dizionarietto, e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse. Per esempio il Brasile è un Paese molto meticcio. Ma l'Italia proprio no () Ma la più bella di tutte è che la nostra presunta esperta di immigrazione dà per scontato che i ragazzini africani e arabi nati in Italia sono eo ipso cittadini integrati. Questa è da premio Nobel». E via con gli esempi storici di integrazione mai avvenuta, come nel sultanato di Delhi o nell'Impero Moghul dove «indù e musulmani non si sono mai integrati». Insomma, un'opinione troppo netta, per questo marginalizzata da un quotidiano che su certi tempi spinosi ha sempre scelto di non molestare troppo il lettore rimanendo neutrale, manco fosse la Svizzera.

«Mi hanno fatto una cosa che mi ha indignato senza dirmelo. Peggio di cosi non mi potevano sistemare, una cosa ridicola.

In 50 anni col Corriere non era mai successo», spiegò il giorno dopo adirato il politologo. Che poi, nel pieno della sua rabbia, rincarò la dose alla trasmissione La Zanzara: «Lo ius soli è un'idea demente, sarebbe l'ultimo colpo per consentire l'accesso a tutti, migranti e clandestini». Più chiaro di così.

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