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"Profughi all'Expo? No, meglio una freezone per l'innovazione"

A proporlo è Pietro Paganini, presidente del think tank Competere

"Profughi all'Expo? No, meglio una freezone per l'innovazione"

"L’idea del Prefetto Tronca mi lascia perplesso. Spero si tratti di una provocazione, perché le finalità dell’area Expo sono molto altre: produttività e innovazione. Spero non sia stato il suo ultimo atto da prefetto di Milano". Pietro Paganini, professore alla John Cabot University e presidente di Competere, think tank per la competitività e l'innovazione, intervistato da ilGiornale.it, boccia in toto l'ultima proposta fatta da Francesco Paolo Tronca in qualità di prefetto di Milano (prima di essere nominato commissario straordinario di Roma) di realizzare un campo profughi dentro il campo base dell'area Expo.

Come si potrebbe sfruttare l'area Expo di Rho?

L'area Expo dovrebbe essere un'occasione per far ripartire l'Italia. La proposta di Competere è quella di creare una free zone dell'innovazione con una giurisprudenza indipendente, a burocrazia zero, un sistema interno di arbitrati dei contenziosi tra le aziende e una fiscalità piatta e bassa.

Una bassa tassazione quanto può essere appetibile per gli investitori?

Molto ma non è assolutamente questo il driver che spinge gli imprenditori esteri a investire in Italia. Le aziende guardano soprattutto a un sistema burocratico snello e a un sistema della giustizia che sia certo, rapido e trasparente. Solo così si portano in Italia investitori che creano posti di lavoro e un indotto per la città di Milano ma un simile modello può essere adottato anche per il Centro e Sud Italia.

La politica che ruolo dovrebbe avere?

Il ruolo di garante di queste tre condizioni e di indirizzo strategico. L'Area Expo non va riempita di cose ma di innovazione. Ora parlano di creare una cittadella del cibo ma c'è già a Parma e Bologna ed è un insuccesso. Si pensa anche di trasferire là tutta l'Università ma, se si fa un'operazione del genere, poi si deve riqualificare tutta l'area dove attualmente c'è l'Ateneo.

Se invece si crea una free zone della tecnologia e dell'innovazione senza finanziamenti pubblici ma con una sinergia tra imprese private e una parte di centri di ricerca universitari, gli investitori non è neppure necessario chiamarli al telefono.

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