Il progetto di Mosca puzza d'imbroglio. Offerta irricevibile per fare altre stragi

Apparenti concessioni dello Zar, Zelensky non può accettare. La latitanza della Ue

Il progetto di Mosca puzza d'imbroglio. Offerta irricevibile per fare altre stragi

A parole, i passi avanti ci sono. La prospettiva di un compromesso delineata nei 15 punti della bozza d'accordo tra Russia e Ucraina anticipata dal Financial Times è, in teoria, anche più di quello che ci si poteva aspettare dalle diplomazie fino a pochissimo tempo fa. Mosca, riconosce cautamente lo stesso presidente ucraino Zelensky, si sta dimostrando più realista, ed è difficile credere che questo cambio di atteggiamento (ripetiamo: a parole) non sia filiazione diretta delle evidenti criticità che incontra l'azione militare ordinata da Putin. A dimostrazione del fatto che chi in questi giorni continua a suggerire agli ucraini di arrendersi non sa quel che dice (o forse, animato com'è dai soliti pregiudizi antioccidentali di sinistra e di destra, lo sa fin troppo bene...): la verità è che l'eroica resistenza di un popolo intero sta pagando. Più ancora, è la crisi dell'economia russa a spingere Putin a trattare: infatti il pacchetto Comprende la fine delle sanzioni occidentali.

Rimane il fatto che alle belle parole di disponibilità da parte russa continuano ad affiancarsi atrocità contro i civili ucraini degne della massima e urgente attenzione da parte del Tribunale internazionale sui crimini di guerra. I commentatori più benevoli verso Mosca vi leggono un perverso metodo per sospingere Kiev verso un compromesso che sarebbe più onesto definire con una parola di antico e brutale sapore «ukase»; quelli più critici o più sospettosi (tra i quali chi scrive) continuano a dubitare dell'intenzione di Putin di rinunciare a un ipotetico tavolo delle trattative ad anche un solo centimetro quadrato del territorio ucraino: ed è verosimilmente per questo che, mentre lo Zar fa apparenti concessioni a quei leader che fino a pochi giorni fa chiamava «nazisti e drogati», la sua armata continua a coprirsi d'infamia con l'obiettivo di conquistare tutto il conquistabile. Per tenerselo.

Questo per quel che riguarda il contesto generale. Attenzione però ai dettagli di ciò di cui si discute, che nascondono insidie e ambiguità. Tenendo presente che a oggi Kiev accetta solo tre punti della bozza: il cessate il fuoco, il completo ritiro russo e le garanzie internazionali a tutela dell'Ucraina. Primo dettaglio. La proposta russa di neutralità dell'Ucraina «sul modello austriaco e finlandese» può sembrare di primo acchito perfino ragionevole: si tratterebbe «solo» di pretendere dalla leadership di un Paese che rimarrebbe indipendente di lasciarsi imporre da Putin la propria collocazione internazionale. Dunque, addio alla Nato, mantenimento di un esercito ucraino ma nessuna base militare o armamenti stranieri sul suo territorio e rinuncia definitiva ai territori russofoni di Crimea, Donetsk e Lugansk. Peccato che Putin continui a parlare anche di «denazificazione» dell'Ucraina come «questione di principio per il futuro della Russia», il che vuol dire che pretende di cacciare Zelensky e di sostituirlo con un Quisling di suo gradimento. Ovviamente inaccettabile, e già questo basterebbe a inficiare l'intero discorso.

Inoltre, ricorda il capo negoziatore ucraino Podolyak, a differenza di Vienna e di Helsinki Kiev si trova in stato di guerra diretta con la Russia, il che significa che l'Ucraina esige «garanzie di sicurezza assoluta» contro Mosca, che dovrebbero venire dai tre Paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia: per inciso, l'Ue è assente) citati esplicitamente nella bozza d'accordo come suoi protettori. La definizione di queste garanzie costituirà certamente un grosso problema.

Punto terzo. La questione del cessate il fuoco è ambigua. Kiev pretende che ad esso si abbini il ritiro completo delle truppe russe dal territorio ucraino che avranno occupato, il che è al momento pura ipotesi. Ma se la Russia pretenderà di tenersi ciò che si è presa vicino a Kiev e a Kharkiv, e soprattutto lungo la costa a sud, la guerra continuerà.

E con esso il subdolo ricatto di Putin, che anche ieri ha ripetuto che «ai padroni occidentali dell'Ucraina nulla importa del disastro umanitario, e incitano allo spargimento di sangue» (come se non avesse attaccato lui e non stesse massacrando civili ogni giorno).

Gran puzza d'imbroglio, di offerte fintamente generose da respingere per andare avanti con la guerra dandone la colpa a Zelensky.

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