Ditelo ai democratici de «noantri» e soprattutto ai grillini che hanno scalato il potere in nome della lotta ai privilegi della politica. E ditelo soprattutto ai ragazzi americani ebbri di gioia nel celebrare in piazza il funerale politico di Donald Trump. Avete votato (negli Stati Uniti) o gioito (in Italia) per Joe Biden? Eccovi accontentati in una sorta di patto con il diavolo: via l'odiato presidente-tycoon in cambio del grande ritorno della Casta. Questione di gusti e di prezzi da pagare, come i rimpianti di chi esultò per l'uscita di scena di Berlusconi nel 2011 per poi ruggire di rabbia tra le legnate fiscali e gli esodati elargiti dal governo Monti.
Biden impersona il tipico presidente degli Stati Uniti visto in svariati film hollywoodiani e serie tv, l'anziano politico con abiti grigi e capelli candidi arrivato alla Casa Bianca dopo decenni di intrighi tra il proprio collegio elettorale e i velenosi corridoi del Senato. Quei giovani americani in piazza, un impasto tra gretini, no global e sinistra mondiale, si sono battuti non per uno di loro ma per uno degli altri, proprio per un rappresentante emblematico di quell'establishment che hanno sempre cercato di abbattere. Di Trump conoscevano tutto o quasi, tanto a quei livelli di odio basta additare il fascistoide da defenestrare. Messa così è una causa che non necessita di grandi spiegazioni: per loro era un usurpatore quando ha vinto nel 2016, un dittatore quando ha guidato gli Stati Uniti d'America, ora un pericoloso squinternato che ha chiesto di ricontare i voti. Di Biden invece sanno solo quello che porta carburante alla loro crociata politica: fa parte del Partito Democratico ed è stato otto anni il vice di Barack Obama. Ça suffit, come direbbero i francesi, basta così. Non sanno forse che il quarantaseiesimo presidente degli Stati Uniti d'America ha passato la sua vita pubblica da una poltrona all'altra, senza neppure un anno sabbatico. Questo per rammentarlo a chi si è fatto il sangue gramo per anni dinanzi a carriere inamovibili, indennità parlamentari da capogiro, vitalizi e auto blu.
Il successore di Trump, a 29 anni, era già senatore al Campidoglio di Washington, carica che si è guadagnato con continue riconferme elettorali. Dal 1972 al 2008, tanto per dare un'idea a chi si proclama disgustato dalle dieci legislature consecutive collezionate da Pier Ferdinando Casini. Trentasei anni costellati ovviamente da incarichi aggiuntivi, come la presidenza della commissione Esteri (quattro anni in due mandati), quella sul controllo del narcotraffico (due anni) e infine quella sulla giurisdizione del Senato (otto anni). L'esperienza parlamentare si è conclusa nel 2008 solo per raggiungere un nuovo incarico di prestigio mondiale: la vicepresidenza degli Usa a fianco di Obama, con ulteriori otto fortunati anni alla Casa Bianca come numero due. E invece di andare in pensione, nel 2017, ha sfruttato con abilità l'unico periodo della carriera senza incarichi per costruire la candidatura vincente di Usa 2020. Un percorso ineccepibile dal punto di vista democratico.
Ma questo non basta: bisogna sempre sapere stare dalla «parte giusta»,
sotto la tutela della sinistra globale che decide chi è degno e chi no. Come nel caso di Joseph Robinette Biden Jr., monumento vivente della risorgente Casta celebrata a furor di popolo dopo anni di disprezzo e contestazioni.
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