«Non può bastare. La sospensione di sei mesi dell'aumento del prezzo del carburante non è sufficiente. La nostra battaglia nelle strade continuerà. Sabato saremo di nuovo a Parigi, come il sabato precedente e quello precedente ancora. Pronti alla quarta mobilitazione». Cédric Guemy è uno dei gilet gialli promotori della protesta che sta sconvolgendo la Francia. Cinquantuno anni, dirigente di un'impresa di trasporti nella Valle della Marna, Île de France, alle porte di Parigi, ha fatto nascere e visto crescere il movimento ed è uno dei dieci firmatari della lettera dei «gilet gialli liberi» che dopo gli scontri di Parigi ha «offerto al governo una via d'uscita alla crisi». Ieri è arrivata la risposta del premier Philippe, dopo che Guémy è stato all'Assemblea nazionale per parlare con i deputati che tentano la mediazione.
Il governo ha ceduto. Non è un vostro successo?
«Siamo soddisfatti di aver trascinato l'esecutivo a questo punto, ma non basta. Finché il governo non capirà fino in fondo, la nostra lotta non si fermerà».
Cosa chiedete ancora?
«Vogliamo l'annullamento della tassa sul carburante, l'apertura di un negoziato sul potere di acquisto dei francesi e sull'aumento del salario minimo».
Intanto è arrivata la moratoria sul prezzo della benzina.
«Sembra più una mossa per scavalcare le elezioni europee. Che saranno la disfatta di Macron».
Cosa le hanno detto i deputati che ha appena incontrato?
«Alcuni sono dalla nostra parte, altri dicono che il presidente andrà dritto per la sua strada. Se lo farà, spalancherà le porte a Le Pen e Mélenchon».
Volete elezioni anticipate?
«Non subito, ma è una prospettiva che non escludiamo in assenza di evoluzioni significative».
Il movimento è spaccato. Manca una voce unica. Riuscirete a trovare una sintesi?
«Penso che finiremo come il Movimento Cinque Stelle in Italia».
State pensando alla formazione di un partito?
«Qualcuno ci sta pensando».
Lei aderirà, sarà tra i quadri?
«Tutto dipende da chi lo formerà e quali obiettivi deciderà di fissare. Ma perché no?».
La accusano di essere vicino alla destra.
«Non è un segreto che io sia stato un eletto locale che ha sostenuto la maggioranza presidenziale per Nicolas Sarkozy».
Molti dei dieci firmatari della lettera di apertura al governo sono stati minacciati di morte da altri gilet gialli. Tra voi ci sono degli estremisti?
«Sì, è vero, all'interno del movimento ci sono alcuni estremisti che non vogliono negoziare ma rompere».
Anche lei è stato minacciato?
«Non io, ma molti del gruppo dei gilet gialli liberi, tra cui Jacline Mouraud. Il vero problema è che, quando abbiamo chiesto protezione per le persone sotto minaccia, il governo non ci ha risposto. È scandaloso».
A chi vi siete rivolti?
«Al gabinetto del premier».
Come si è arrivati a questa rabbia in Francia?
«La gente è esasperata perché non ce la fa più a vivere. Tutto è costosissimo. Le tasse sono troppo alte e il salario di un francese medio non basta».
La sua è stata una delle voci che, prima delle devastazioni di Parigi, ha avvisato del rischio di violenze e infiltrazioni. Non teme che il movimento possa perdere consensi se si ripetessero sabato?
«I francesi sono con noi. Il problema è che il governo non ha saputo neutralizzare i casseur. Il ministro dell'Interno è un incompetente».
Potreste ancora annullare le proteste, come chiede il premier?
«Al momento non ci sono le condizioni e non credo si creeranno prima dell'8 dicembre».
La Francia è spaccata oggi più che mai tra la capitale e la provincia?
«Sì, è così. E per le persone che vivono in provincia la tassa sul carburante è inaccettabile. Macron non se ne rende conto perché non conosce altro che Parigi. E non sa fare la differenza».
La battaglia sul clima non è una battaglia per il futuro?
«Pensare all'ecologia non è un problema. Lo è affrontare la questione sulla pelle delle persone. Bisogna accompagnare i francesi verso le politiche ecologiche».
Quando Macron è stato eletto, sembrava l'inizio di una luna di miele. Com'è finita?
«Macron non ha mai avuto
grande successo. È uscito dal primo turno con il 24% dei consensi. Ha vinto solo perché è finito al ballottaggio con Marine Le Pen. Ma quello che sta succedendo rischia di cambiare per sempre lo scenario politico in Francia».
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