Per proteggerli dall'Isis i poliziotti eroi di Sesto trasferiti in sede segreta

I due agenti che uccisero il killer di Berlino non sono più a Milano: "Chiesto da loro"

Per proteggerli dall'Isis i poliziotti eroi di Sesto trasferiti in sede segreta

Milano - Un premio per il loro straordinario operato? Anche. Sicuramente. Ma non si può pensare che non ci siano ragioni di tutela nel timore di una eventuale vendetta terroristica ad aver spinto il Viminale a ordinare il trasferimento e un nuovo incarico in altra sede (che in teoria dovrebbe restare riservata) di Luca Scatà e Christian Movio. Il primo è il 29enne agente in prova al commissariato di Sesto San Giovanni, originario di Canicattini Bagni (Siracusa), che la notte del 23 dicembre scorso uccise alla stazione ferroviaria locale Anis Amri, il terrorista jihadista responsabile della strage di Berlino avvenuta quattro giorni prima e ricercato per aver ucciso 12 persone. Movio, 36 anni, di Latisana e residente a Povoletto (Udine) - che di Scatà è collega e quella sera era in pattuglia con lui - è l'agente scelto che venne ferito alla spalla destra dal terrorista proprio nella medesima occasione, quindi ricoverato e operato all'ospedale San Gerardo di Monza per estrargli il proiettile. Un intervento chirurgico che ancora non gli ha permesso di tornare in servizio. Non è tornato in servizio.

La scoperta del trasferimento - riportata in esclusiva ieri mattina sulle pagine palermitane di Repubblica.it - in realtà ha una sua genesi ben precisa. E non perché qualcuno abbia aguzzato l'ingegno intuendo che il trasferimento stava per avvenire dopo che Scatà, nei giorni successivi la sua eroica notte, era tornato sì in servizio al commissariato di Sesto San Giovanni, ma anziché continuare svolgere il suo periodo di prova alle «Volanti», gli era stato assegnato un altro incarico che lo obbligava a restare in ufficio.

«È un sorta di prassi in casi eccezionali come questi, figuriamoci dopo una sparatoria con un terrorista - spiegano in questura - I poliziotti coinvolti vengono destinati a un incarico decisamente più tranquillo, per lasciare decantare la tensione. Sarebbe accaduto anche a Movio, ma era ancora in ospedale. Se ci fossero state reali esigenze di sicurezza per i due poliziotti, se le loro vite fossero state in serio pericolo, il trasferimento sarebbe stato deciso immediatamente dopo la sparatoria. E delle località cosiddette segrete a cui sarebbero stati destinati, non sarebbe mai emerso nulla».

Il 29 dicembre scorso il capo della polizia Franco Gabrielli e il ministro degli Interni Marco Minniti, accompagnato dall'attuale prefetto di Milano Luciana Lamorgese che allora era il suo capo di gabinetto, vennero in visita alla questura di Milano e in prefettura incontrarono i due agenti-eroi. A palazzo Diotti Scatà e Movio parlarono dell'accaduto e Minniti chiese, proprio in qualità del loro eroico operato, di esporre i loro «desiderata». Entrambi i poliziotti domandarono di essere trasferiti, presumibilmente per prestare servizio nella loro regione d'origine, se non addirittura vicino a casa.

«E sono stati accontentati - concludono in questura -. La località segreta? Sappiamo bene che voi giornalisti la scoprirete, se non è già successo. Ma quei due meritavano un po' di anonimato.

E, ripetiamo: se il Dipartimento di pubblica sicurezza e il ministero degli Interni avessero deciso il trasferimento di Scatà e Movio per tutelare la loro sopravvivenza, quel luogo sarebbe rimasto un mistero molto ben protetto».

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