
"Viviamo una situazione grave. Una situazione davvero assurda e paradossale. Il nostro unico magazzino è bloccato dal 5 settembre a causa della protesta di dieci lavoratori. Questi si sono organizzati per alternarsi davanti ai cancelli impedendo in questo modo ai nostri camion di uscire e rifornire i nostri supermercati. Questo significa non soltanto danni per centinaia di migliaia di euro, con merce da buttare ma anche e cassa di integrazione per i nostri stessi dipendenti".
Giorgio Panizza è consigliere d'amministrazione della Rialto, la società proprietaria del marchio Il Gigante, uno dei principali attori della grande distribuzione organizzata in Italia. Il primo punto vendita venne aperto il 21 settembre 1972 a Sesto San Giovanni dal fondatore Giancarlo Panizza. L'azienda può contare su ottanta supermercati tra quelli a gestione diretta e indiretta, ha 5000 dipendenti e serve circa 800mila clienti a settimana, anche con prodotti a marchio Il Gigante. In questi giorni sta vivendo una situazione durissima che in passato, nel Nord Italia, ha già colpito altre aziende della grande distribuzione. "Negli ultimi anni per fare fronte a margini sempre più ridotti abbiamo dovuto razionalizzare la logistica e abbiamo riunito la distribuzione in unico hub da 92mila metri quadri a Bascapè in provincia di Pavia. Da qui partono camion multitemperatura che vanno a servire tutti i nostri punti vendita" racconta Panizza.
"Negli ultimi anni le agitazioni sindacali si sono fatte sempre più aggressive, in particolare da parte delle sigle autonome che non si siedono al tavolo della contrattazione nazionale. La notte tra giovedì e venerdì scorso alle 4 del mattino ci siamo trovati una decina di lavoratori affiliati a una di queste sigle che hanno bloccato i cancelli non consentendo ai camion di uscire. Il motivo era quello di una mancata conversione in contratto a tempo indeterminato di un contratto a termine scaduto a fine agosto, peraltro non di un nostro dipendente ma di una ditta appaltatrice. Una questione che si dovrebbe dibattere davanti a un giudice del lavoro, non certo in questi termini".
Il confronto con i protagonisti della protesta, continua Panizza, ha portato "unicamente a ottenere il via libera all'uscita di un camion ogni 20 minuti. Questo significa fare uscire 60 camion su 300. La situazione è stata tenuta sotto controllo dalla Digos e dal servizio antisommossa per evitare tafferugli. La scorsa notte addirittura un solo lavoratore ha bloccato da solo il cancello. Ci sentiamo abbandonati. In questi anni ci hanno appuntato medaglie durante il lockdown, la nostra attività viene classificata come importante nel decreto cybersicurezza a causa del quale spendiamo centinaia di migliaia di euro per creare sistemi a prova di hacker stranieri e poi ci troviamo in situazioni che determinano perdite drammatiche per l'azienda. Molti clienti tornati dalle vacanze hanno trovato banchi frigo vuoti con un danno per tutta la filiera agroalimentare. Oltre 80 automezzi e autisti sono rimasti bloccati all'interno del sito logistico senza poter rientrare a casa. Per dare un'idea siamo stati costretti a buttare 2000 torte fresche, 150 torte senza glutine, 250mila buste di insalata, 165mila chili di frutta e verdura, 45mila chili di pesce e 30mila chili di carne.
In sostanza in un weekend abbiamo perso 800mila euro di merce. Così si mettono in ginocchio le aziende. Siamo stati costretti per la prima volta, con una lettera urgente, a far scattare la cassa integrazione per mille dipendenti. Siamo sotto ricatto, lo Stato deve tutelarci".