Prove di inciucio tra Pd e Grillo Adesso Renzi imita Bersani

Voto comune sulle nomine a Consulta e Csm. Si forma una nuova maggioranza che potrebbe riproporsi per la riforma elettorale e il successore di Napolitano

Prove di inciucio tra Pd e Grillo Adesso Renzi imita Bersani

A pensar male si fa peccato, ma solo veniale. Nelle more del braccio di ferro sulla legge elettorale riaffiorano mai sopite tentazioni del «doppio forno», e magari pure del bersaniano schema dello «scouting» tra i vogliosi grillini. Se non siamo al cambio di maggioranza in corsa e solo alle prove tecniche - magari per vedere l'effetto che fa - poco ci manca. Deve intervenire il premier Renzi in persona per sedare i bollenti spiriti alfaniani, che masticano amaro, sospettando astuzie che li lasceranno in braghe di tela. «Mai più maggioranze variabili», garantisce subito Matteo, vestendo i panni dell'uomo d'onore. Ma anche Bruto lo fu.

Intanto Beppe Grillo e i suoi «cittadini» parlamentari si godono il rientro nei giochi «da grandi». Riescono a sbloccare l' impasse sulle elezioni dei giudici costituzionali, votando compatti per Silvana Sciarra: alla fine saranno 630 i voti che traghettano la candidata indicata dal Pd alla Corte costituzionale. Passa facile anche il candidato per il Csm espresso da M5S, Alessio Zaccaria, proprio mentre resta al palo Stefania Bariatti, che Forza Italia aveva proposto per la Consulta (senza avere sufficiente compattezza interna, in verità). Occorrerà un 22.mo scrutinio per provarci ancora. Grillo però può ben festeggiare sul blog, con la solennità dei momenti migliori: «Per la prima volta nella storia, dalla Rete alle istituzioni, il M5S sblocca il Parlamento. Noi facciamo quello che diciamo!», scrive il leader sottolineando la scelta on line dei cittadini attivisti (ferratissimi in materia costituzionale, come dubitarne?).

Anche dalle parti del Nazareno si respira una soddisfazione per nulla celata dal vicesegretario Guerini, che saluta il «risultato raggiunto perché, finalmente, il M5S ha capito che nelle elezioni riguardanti organi costituzionali, è necessario il reciproco riconoscimento». Un pochino ancora più in avanti il capogruppo Speranza, che vanta di «aver fatto uscire M5S dall' isolamento». Fin dove potersi spingere? La giornata era cominciata con foschi presagi, complice un «incidente di percorso» (così il ministro Orlando) in commissione Giustizia. S'erano nottetempo profilate diverse convergenze tra Pd e M5S sui contenuti della legge sulla responsabilità civile dei magistrati (tra l'altro, bocciato un emendamento Ncd condiviso dal governo). Non credeva ai propri occhi il capo dei senatori alfaniani, Sacconi, che arrivava ad annunciare le dimissioni da capogruppo: «È una maggioranza spuria! Un fatto così grave nel metodo e nel merito richiede un chiarimento politico nella maggioranza!». Al capezzale di alleati coi nervi a fior di pelle accorreva Renzi che prometteva per telefono maggiore rispetto dei patti di governo e convinceva Sacconi a tornare sui suoi passi.

Ma tensione e sospetti non si sedavano, tanto che poco dopo, alla Camera, il ministro Boschi e la De Girolamo arrivavano ai ferri corti. La capogruppo Ncd aveva appena scoperto che il Pd stava riscrivendo con il grillino Brabanti una mozione sul Sud promossa proprio dagli alfaniani. «Avete una nuova maggioranza con i grillini anche alla Camera?», accusava la Di Girolamo, con la Boschi visibilmente imbarazzata e irritata.

Ribaltone in vista o giochi di strategia renziani? Il pentastellato Morra negava: «State sereni, M5S mai in un governo Renzi». Eppure la serenità non aiuta a vivere meglio (per informazioni rivolgersi tuttora a Letta il Giovane).

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