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Putin apre sulla crisi in Siria «Assad è pronto al dialogo»

Il leader russo invita il governo di Damasco a stabilire contatti con l'opposizione Oggi l'incontro cruciale tra Usa e Russia, finora su fronti opposti nel conflitto

«Il governo siriano deve cominciare a stabilire contatti con le forze di opposizione che sono pronte per il dialogo e Bashar El Assad è pronto per questo dialogo». Le parole di ieri del leader russo Vladimir Putin segnalano una ipotetica apertura del regime siriano a un cambio di passo nel conflitto in corso dal 2011. Il presidente russo, che ha incontrato martedì Assad, ha parlato ieri da Sochi, davanti a dignitari stranieri, al forum di Valdai. Ha concesso per la prima volta come anche problemi di natura interna - e non soltanto l'estremismo islamico - siano alla base della drammatica situazione siriana. Accusando l'occidente di fare il doppio gioco nel conflitto, Putin ha detto che «la divisione della Siria è un'opzione inaccettabile, una variante pessima», e che le dimissioni di Assad devono essere decise dal popolo siriano.

Le parole di Putin arrivano a poche ore dal più visibile sforzo della diplomazia internazionale in mesi. Il segretario di Stato americano John Kerry incontra oggi a Vienna il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e le controparti saudita e turca. Stati Uniti e Russia appoggiano due fronti opposti nel conflitto siriano. Se i russi sono scesi in campo militarmente per sostenere il regime di Assad, l'America chiede dal 2011 l'uscita di scena del rais, appoggiata in questo dagli alleati ad Ankara e Riad. L'incontro austriaco si materializza pochi giorni dopo la visita del presidente siriano a Mosca. La comunità internazionale ha criticato l'accoglienza che Putin ha concesso ad Assad. La Casa Bianca ha accusato Mosca di stendere il «tappeto rosso» a un leader che ha utilizzato le armi chimiche contro i suoi cittadini, mentre il presidente francese François Hollande ha detto di sperare che Putin abbia usato l'occasione per chiedere ad Assad di farsi da parte. Non è questa però la linea della Russia, che dal 30 settembre scorso porta a termine raid aerei contro gruppi armati in Siria - secondo Mosca uomini legati allo Stato islamico, secondo gli Stati Uniti movimenti anti-Assad - e sostiene l'avanzata delle forze di terra siriane con la sua aviazione verso la città di Aleppo. Proprio ieri, il ministero della Difesa di Mosca ha organizzato un viaggio di giornalisti nella base aerea di Hemeimeen, vicino alla città costiera di Latakia, nella regione controllata dal regime. È la prima volta che la stampa ha accesso alle installazioni militari da cui opera l'esercito russo.

Se le azioni militari vanno avanti, si intensificano in queste ore anche le mosse diplomatiche. Il presidente russo ha chiamato il re saudita Salman, il leader turco Recep Tayyip Erdogan, il rais egiziano AbdelFattah Al Sisi e il sovrano giordano Abdullah, tutti coinvolti in qualche maniera nei tragici eventi siriani. «Penso che altri attori siano interessati ad avere informazioni di prima mano dalla delegazione russa sui passi intrapresi nel combattere lo Stato islamico in Siria. Dobbiamo anche parlare del processo politico», ha detto il ministro Lavrov anticipando l'incontro di oggi e sottolineando la necessità di coinvolgere in una soluzione Paesi della regione come l'Egitto, il Qatar, gli Emirati arabi e la Giordania, dove confluiscono migliaia di rifugiati dalle zone di guerra. Ha ricordato anche come per Mosca la crisi siriana non ha soluzione senza considerare un ruolo iraniano.

L'Iran fin dall'inizio del conflitto sostiene finanziariamente e militarmente il regime di Bashar El Assad.

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