Ci fanno capire da Mosca che la Russia è ormai vicina ai suoi obiettivi nel Donbass, che sarebbe il momento di trattare e che solo la perversa e interessata volontà degli Stati Uniti e dei suoi asserviti alleati europei di continuare a fornire di armi l'Ucraina impedisce il concretizzarsi di una specie di pace: la sua, naturalmente, quella dettata parola per parola da un Putin che si dice in posizione di forza. Basta con le forniture di armi a Zelensky, insomma, la vittoria russa è ineluttabile e cercare di impedirla non solo è inutile, ma serve solo a provocare disastri che saranno i cittadini europei a pagare. I peggiori incubi potranno diventare realtà: una guerra mondiale con tanto di bombe atomiche sulle città europee e una catastrofe economica irreversibile provocata dall'impennata dei prezzi di carburanti e generi alimentari. Ma siamo sicuri che le cose stiano così? Noi pensiamo di no, e cerchiamo di spiegare perché.
Punto primo. La pretesa russa che siano le armi occidentali a provocare la guerra è un imbroglio cominciato lo scorso 24 febbraio: non solo la guerra l'ha cominciata Putin, ma se l'Ucraina non fosse stata aiutata a difendersi ci troveremmo oggi (tutti noi, non solo gli ucraini) in una situazione molto peggiore. Avremmo l'esercito russo ai confini orientali della Nato: non esisterebbe più un'Ucraina, ma la guerra potrebbe continuare, in qualsiasi momento secondo il capriccio di un Putin ringalluzzito da una facile vittoria, sul suolo europeo. Perché il duce di Mosca l'ha detto chiaro, anche se adesso non gli fa gioco ricordarcelo: non pretende solo l'Ucraina, ma rivuole il novecentesco impero sovietico, con tanto di ritiro della Nato dall'Europa orientale. Insomma: la guerra l'ha voluta Putin, le armi occidentali servono a non fargliela vincere e fermarla ora alle sue condizioni è, più che un suicidio, una vera idiozia.
Punto secondo. Che la vittoria russa sia ineluttabile è un altro falso timbrato dalla propaganda di Mosca. Bisogna intendersi su cosa significhi vittoria. La Russia avanza lentamente nel Donbass, ma è in evidente difficoltà. La guerra in corso da ormai più di quattro mesi fa gravare sulla sua economia, che è provata giorno dopo giorno dalle sanzioni, un costo crescente ed enorme. Le sue forze armate subiscono uno stress molto superiore alle attese, rivelano la falsità dell'immagine che il Cremlino aveva diffuso nel mondo di un esercito di fatto imbattibile. Proprio in questi giorni le stesse autorità russe devono ammettere di essere a corto di armi e munizioni. Tanto da dover fare ricorso a misure straordinarie di pressione sul sistema produttivo per tappare i buchi provocati dall'azione nemica.
Azione che è resa efficace dai rifornimenti di armi occidentali. L'artiglieria ucraina può adesso colpire duro e in profondità nelle retrovie russe nel Donbass e non solo; le basi russe di Melitopol nel Sud occupato da mesi vengono attaccate con successo; la strategica isola dei Serpenti viene riconquistata costringendo Mosca a un'imbarazzante bugia su un presunto ritiro volontario che ricorda tanto quelli da Kiev e da Kharkiv; esplosioni nella regione russa di Belgorod ricordano che gli ucraini hanno la capacità di effettuare azioni efficaci anche oltre confine. Putin insoddisfatto degli sviluppi della guerra tenta di coinvolgere una riluttante Bielorussia e cambia per l'ennesima volta i suoi vertici militari (adesso il comando sembra affidato al generale Zhidko). E guarda caso, proprio adesso, risalta fuori con rinnovata insistenza l'accorato richiamo a smetterla di armare l'Ucraina. In nome dell'interesse del mondo intero, s'intende, non di quello della Russia. Scusate, ma l'abbiamo già sentita.
La verità è che la guerra sta mettendo Putin a dura prova, e che se suggerisce disimpegno e tregua lo fa da una posizione di debolezza, altrimenti non lo farebbe mai. Soprattutto: paghiamo un caro prezzo, è vero, ma se non fermiamo Putin adesso, dopo sarà molto peggio.
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