Guerra in Ucraina

Putin-Kim, un'intesa da paura. La guerra senza fine dei droni

Lo Zar andrà a Pyongyang (e tornerà con un carico di armi). Kiev continua la controffensiva, basi sul Mar Nero nel mirino

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Dopo Kim, ecco Lukashenko. La cerchia privatissima di Putin non è esattamente composta da letterati, filosofi e abili conversatori. Via un dittatore, eccone un altro, per quella che sembra a tutti gli effetti un intesa tra simili. Del resto, da quanto emerge, Putin e Kim Jong-Un al termine del loro faccia a faccia, si sono scambiati alcuni doni che testimoniano il non elevatissimo livello del meeting. «Il presidente Putin ha regalato al leader coreano un guanto di una tuta spaziale, che è stata nello spazio diverse volte, e una carabina di nostra produzione nazionale di altissima qualità. A sua volta ha ricevuto da Kim una carabina realizzata da artigiani coreani», ha riferito il fedelissimo portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Altri doni e cotillon di cui non è stata data notizie tra i due, oltre il core business: armi, munizioni e favori.

Un discorso da approfondire. Se Lukashenko, di fatto commissariato da Putin, di favori al capo se ne intende, resta da capire chi comandi tra il leader russo e quello nordcoreano. Sta di fatto che già ad ottobre, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov andrà in visita a Pyongyang. Poi, sarà il turno dello stesso Putin che restituirà il favore a Kim, cercando di portare in porto quanto più materiale bellico possibile. Ma l'asse tra dittatori irrita, preoccupa e alimenta sospetti da parte delle altre istituzioni. «È interessante che sia stato un incontro tra due leader che stanno distruggendo le loro nazioni. La Russia ha stretto rapporti con il Paese più isolato al mondo e mostra l'isolamento e la disperazione di Mosca», ha detto il portavoce della Commissione europea Peter Stano. Oltre alla Corea del Sud, che ha espresso «profonda preoccupazione» per il vertice, anche il Giappone ha preso posizione spiegando che «monitoriamo con preoccupazione i colloqui, inclusa la possibilità che possano condurre a violazioni del divieto del Consiglio di sicurezza sulle transazioni di armi correlate alla Corea del Nord», dicono dal ministero degli Esteri.

Intanto il conflitto va avanti su una falsariga ormai nota. Mosca bombarda città e colpisce soprattutto obiettivi civili (ieri è stato ucciso un bambino di 6 anni a causa di una bomba nel Kherson), Kiev continua la sua controffensiva a Sud e cerca di insinuarsi sul territorio russo grazie ai droni. Gli ucraini rivendicano di aver distrutto un sofisticato sistema di difesa aerea russo in Crimea. L'attacco, vicino a Yevpatoriya, utilizzando missili da crociera e droni. Le forze russe hanno attaccato la notte scorsa con 22 droni kamikaze, 17 dei quali sono stati distrutti dalle unità di difesa antiaerea. Nella giornata di ieri l'allarme aereo è scattato nelle regioni di Kherson, Mykolaiv, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk. Mosca ribatte dicendo doi aver distrutto cinque droni marini ucraini che tentavano di attaccare una nave militare russa nel Mar Nero con Kiev che, invece, racconta di aver danneggiato mezzi e infrastrutture a Sebastopoli. Resta drammatico il fronte nei pressi di Bakhmut, dove l'esercito ucraino continua ad avanzare. «Le battaglie principali sono combattute nelle aree di Andriivka, Kurdyumivka, Klishchiivka, e lì abbiamo guadagnato terreno ogni settimana», dice la vice ministra Hanna Malyar.

Nel frattempo, la Corte penale internazionale ha aperto un ufficio a Kiev, il più grande mai trasferito fuori L'Aia e che porrà al centro i casi di crimini di guerra commessi dai russi, su tutti la deportazione oltreconfine dei minori. «Abbiamo consegnato al cardinale Zuppi un elenco dei civili ucraini sequestrati, non esiste un meccanismo per liberarli eppure siamo di fronte ad un crimine», ha detto l'arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuck. Zuppi, inviato del Papa, ieri è arrivato in Cina ricevuto da Li Hui, rappresentante speciale per gli Affari euroasiatici. «Il colloquio, svoltosi in un clima aperto e cordiale, è stato dedicato alla guerra in Ucraina e alle sue drammatiche conseguenze», spiega la Santa Sede.

La fiammella di speranza è flebile ma resta accesa.

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