Nella notte in cui missili e droni hanno inciso nel buio una scia di fuoco, tra blackout, esplosioni e città svegliate nel terrore, una verità si è imposta con brutalità: la guerra, quando sembra rallentare, in realtà si allarga e cerca nuove ferite da aprire. Così l'Ucraina continua a camminare su un filo sottilissimo, tra il fragore del fronte e il fragile sussurro della diplomazia.
Oltre 650 droni e 51 missili, inclusi gli ipersonici Khinzal, hanno solcato il cielo in un'unica, martellante offensiva russa. A darne notizia è stato Zelensky, che ha parlato di "attacchi privi di logica militare", guidati da un solo obiettivo: "Infliggere sofferenza a milioni di ucraini". È accaduto nel giorno di San Nicola, un dettaglio che in Ucraina pesa quanto un macigno.
La stazione ferroviaria di Fastiv, alle porte di Kiev, è stata colpita da un drone. Feriti, danni alle infrastrutture, treni fermi, e a pochi chilometri di distanza, nel distretto di Vyshhorodskyi, altre due donne sono state colpite dalle schegge dei missili russi. Ma il fuoco non si è fermato alla capitale. La raffica ha investito Dnipro, Chernikiv, Zaporizhzhia, Odessa, Leopoli, Volyn e Mykolaiv. Nella regione di Chernihiv, i droni hanno innescato incendi tra gli edifici residenziali e le infrastrutture critiche. A ovest, missili da crociera sono arrivati fino alle regioni di Ternopil e Khmelnytskyi. La Polonia, monitorando la traiettoria dei missili, ha alzato in volo alcuni caccia a scopo preventivo. Nessuna violazione dello spazio aereo, ma il segnale è chiaro: il conflitto resta instabile anche ai margini.
Nel sud del Paese, Odessa ha subito l'ennesimo colpo alle sue infrastrutture energetiche. Un impianto è stato danneggiato, provocando blackout a catena: 9.500 utenti senza riscaldamento, 34mila senza acqua. Il governo ucraino parla di un attacco mirato contro le reti energetiche in tutto il Paese: da Chernihiv a Leopoli, fino a Dnipropetrovsk. Mosca, così come l'alleato ceceno Kadyrov, risponde che si tratta di un'azione punitiva contro i "raid terroristici" ucraini.
Kiev ha replicato mirando a una delle infrastrutture più sensibili del territorio russo: la raffineria di Ryazan, una delle più grandi, capace di processare oltre 17 milioni di tonnellate di petrolio l'anno. L'impianto rifornirebbe anche le forze armate russe. Una ritorsione, in piena regola, destinata a pesare sulle dinamiche del conflitto. Sul fronte si sono verificati 87 scontri, i combattimenti proseguono in sei direzioni, con i russi che continuano a esercitare la pressione più attiva su Pokrovsk. Mosca ha anche messo le mani su Dimitrov, importante snodo di trasporto per le Forze Armate ucraine nel Donbass.
L'Agenzia internazionale per l'energia atomica ha confermato intanto un nuovo blackout totale alla centrale nucleare di Zaporizhzhia: l'undicesimo dall'inizio della guerra. Ogni volta che il sito perde alimentazione esterna, il mondo ricorda quanto fragile possa essere la sicurezza nucleare in un conflitto di questa scala.
Nel frattempo, dal Baltico arrivano segnali di altra tensione. La Marina svedese denuncia una presenza russa "quasi settimanale" nelle sue acque. "Vogliamo entrare nella Nato al più presto", dichiara il ministro della Difesa Jonson.
Sul fronte diplomatico, Zelensky, che ha avuto "costruttive" telefonate con Witkoff e Rutte, sarà domani a Downing Street per un incontro cruciale con Starmer, Macron e Merz.
Sul tavolo i colloqui tra Washington e Kiev sul possibile percorso verso un cessate il fuoco e la discussione, ancora teorica ma non più impensabile, sulla creazione di una forza di peacekeeping europea pronta a intervenire se si aprisse una finestra negoziale.