Una difesa a tutto tondo della Russia per giustificare non solo l'intervento in Ucraina, ma anche la difesa dei confini nazionali, l'identità del Paese e il suo ruolo di «grande potenza», pronta a confrontarsi con Stati Uniti e Nato. Così pronta da «sospendere la partecipazione la trattato Start» l'ultimo trattato sulla riduzione delle armi nucleari ancora in vigore con gli Usa. È il senso del discorso pronunciato da Vladimir Putin nel primo anniversario dell'intervento in Ucraina. Un discorso rivolto innanzitutto alla propria opinione pubblica, ma carico di implicazioni internazionali. A partire da quella cancellazione del trattato Start, giustificata con il rifiuto di accogliere gli ispettori americani nei siti russi mentre Washington punta alla «sconfitta strategica» di Mosca. Ma anche un discorso non privo di riferimenti a un'Italia colpevole di rinnegare l'amicizia con Mosca. «La Russia sa essere amica e mantenere la parola data - ricorda Putin, mentre Giorgia Meloni arriva a Kiev - e lo dimostra il nostro aiuto ai Paesi europei, come l'Italia, durante il momento più difficile della pandemia».
Il monito all'Italia è, però, solo una breve digressione nel fiume di parole con cui difende l'intervento in Ucraina. «L'obiettivo dell'Occidente - spiega Putin - è portare la Russia a una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre. Non si rendono conto che è in gioco l'esistenza stessa della Russia». È la parte più drammatica di un intervento di due ore, nel quale il presidente assicura la tenuta economica del Paese, ma evidenzia la crescente frattura con l'Occidente. La parte militarmente più allarmante arriva quando delinea la risposta ai missili a lungo raggio e all'ipotesi di forniture aeree a Kiev. «Più useranno sistemi a lungo raggio, più dovremo tenere lontana la minaccia dai nostri confini», avverte.
Parole che fanno intendere la determinazione a spingere la linea del fronte sempre più in là, moltiplicando la pressione militare su Kiev. Una prospettiva che non esclude, in caso di attacco ai confini russi, l'utilizzo delle armi atomiche presentate come il settore più evoluto dell'arsenale russo. «La forza di deterrenza nucleare della Russia è dotata al 90% di armi avanzate, un livello che dovrebbe essere esteso all'intero esercito».
In tutto questo, il «faccia a faccia» con gli Stati Uniti e Nato, delineato, non a caso, all'indomani della visita di Joe Biden a Kiev, assume connotazioni ben più ampie. All'inevitabilità di una contrapposizione militare e geo-politica, giustificata con la descrizione di un «intero pianeta costellato da basi militari americane», Putin aggiunge contrapposizioni valoriali e identitarie. «In Occidente - spiega - sono diretti verso una vera catastrofe spirituale. Le elite stanno semplicemente impazzendo e sembra che non se ne preoccupino». Digressioni che trasformano lo scontro in una contrapposizione a tutto campo basato su idee e visioni del mondo confliggenti e irrisolvibili.
Nell'immagine offerta da Putin, Europa e Stati Uniti diventano l'incarnazione del degrado morale e spirituale. «Guardate cosa stanno facendo con i loro stessi popoli - sottolinea il Presidente - la distruzione della famiglia, dell'identità culturale e nazionale, la perversione e l'abuso dei bambini, fino alla pedofilia, sono diventate la norma e i sacerdoti sono costretti a benedire i matrimoni tra persone dello stesso sesso». Per questo, l'imperativo diventa la difesa dei «nostri bambini da degrado e degenerazione» e la protezione della «Russia consegnataci dai nostri antenati». Una Russia in cui non c'è più posto nemmeno per gli oligarchi. «Non ci dispiace per il sequestro dei vostri yacht», ricorda Putin, decretando la condanna di chi invece di «produrre tecnologia e creare posti di lavoro in Russia investiva in yacht all'estero».
E così la parte dedicata alla sottolineatura di una diversa visione del mondo si rivela, alla fine, più inquietante di quella sull'intervento militare. Il passaggio da quelle parole a uno scontro senza fine e senza limiti rischia infatti di risultare assai breve. E Putin non esita a minacciarlo promettendo di esser pronto a «fare di tutto per la vittoria».
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