Prendete una platea di imprenditori. Di tutto il mondo. E fate loro una domanda semplice: quale azienda è oggi in grado di assumere 100mila addetti in un colpo solo? Pensate ai grandi della tecnologia o dell'industria pesante. Nulla. Non c'è un datore di lavoro al mondo in grado di avere questa potenza di fuoco. Non c'è imprenditore cinese che possa digerire 100mila nuove busta paga a tempo indeterminato. Per di più senza licenziabilità. Tranne uno: lo Stato italiano. Che ha deciso di assumere 100mila (o forse più) precari della pubblica amministrazione.
Andiamo avanti. Lo stesso imprenditore, che poi siamo noi contribuenti, sarà costretto a dare loro necessariamente aumenti retributivi anno dopo anno indipendentemente da come vada l'economia. In virtù di una recente sentenza della Corte costituzionale che ha deciso che non si potranno più imporre blocchi retributivi. La questione è molto semplificata, ma resta questa. Lo Stato con i nostri quattrini si comporta come se fosse l'impresa di maggior successo al mondo. Per di più questa impresa ha un problema di mercato. I suoi ricavi (cioè le nostre tasse) sono ai massimi di sempre e più di così, obiettivamente, non può fare. Tassarci di più, vuol dire ucciderci. E un contribuente morto è come un cliente insoddisfatto: non tira più fuori soldi dal suo portafoglio.
Sappiamo perfettamente che molti di questi assunti sono già oggi, in modo opaco, in qualche maniera discontinua retribuiti dalla pubblica amministrazione. Ma resta un principio di buon senso. Lo Stato con una legge procede a queste assunzioni monstre. Ma con quali criteri? Se Sergio Marchionne per fare la sua ultima Alfa Romeo non avesse selezionato trecento giovani ingegneri in base al merito (un bel numero, ma pur sempre con qualche zero di meno rispetto a quelli governativi) ma semplicemente andando a pescare dalle liste dei cassa integrati o da quelle di collocamento, avrebbe al massimo disegnato una Duna.
Ci sono dunque due paradossi legati tra loro. Si procede ad una assunzione di massa e lo si fa senza alcuna garanzia meritocratica, di cui pure tutti si riempiono la bocca. Siccome il criterio per entrare è un rapporto passato con la pubblica amministrazione, come si soddisfa la richiesta di professionalità oggi vacante? Siamo sicuri che un precario della pubblica istruzione specializzato in italiano sia in grado di coprire i buchi nelle materie scientifiche? Discorso analogo sugli aumenti retributivi. Disporre per sentenza che tutte le retribuzioni debbono crescere, vuol dire togliere risorse per pagare di più chi fa meglio.
La pubblica amministrazione non è un'impresa, è
ovvio. Ma non è esentata dal praticare il buon senso. Quello di un padre di famiglia, come scrivono i codici. La famiglia, quella dei contribuenti c'è, ed è esasperata; il padre pensa di compiacerla continuando ad allargarla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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