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"Quando il Psi salvò dalla droga un collaboratore di mio papà"

I corsi e ricorsi della politica toccano pure qualche caso relativo alle debolezze degli stretti collaboratori dei leader. Il passato e i giganti della Prima Repubblica insegnano sempre qualcosa

"Quando il Psi salvò dalla droga un collaboratore di mio papà"

I corsi e ricorsi della politica toccano pure qualche caso relativo alle debolezze degli stretti collaboratori dei leader. Il passato e i giganti della Prima Repubblica insegnano sempre qualcosa. È quello che deduciamo dal racconto di Stefania Craxi, senatrice di Forza Italia. E il tema centrale è sempre rappresentato dai rapporti che intercorrono tra le istituzioni politiche e la giustizia.

Senatrice Craxi, ha visto cosa succede attorno a Matteo Salvini?

«Intanto mi lasci dire che nei confronti delle fragilità umane bisogna avere compassione. Chi ha maramaldeggiato in passato - questo vale per tutti - ha sbagliato. Una volta è successo anche a mio padre: un suo stretto collaboratore, una persona di grande cultura, venne trovato a consumare droghe in un momento di grande fragilità e venne rimosso dall'incarico. Ma il partito gli stette vicino, sino a portarlo alla guarigione».

Come reagì suo padre?

«Era un uomo importante del partito. La reazione di Bettino Craxi, dal punto di vista umano, fu di costernazione. Erano tempi diversi: i partiti erano delle comunità, i mezzi d'informazione non erano così pervasivi e, soprattutto, c'era il rispetto delle persone, che non venivano esposte alla gogna. Craxi rimosse quell'uomo dall'incarico, ma lo protesse assieme al partito. Poi quell'esponente tornò ad essere una figura di rilievo del Partito socialista, oltre che un uomo di grande spessore».

Che cosa pensa del referendum per la liberalizzazione della cannabis?

«Sono contrarissima, com'era contrario mio padre. Ce lo spiegò bene Vincenzo Muccioli, che disse che non tutti quelli che fanno uso di cannabis sono poi passati alle droghe pesanti ma che tutti quelli che sono arrivati alle droghe pesanti hanno iniziato con la cannabis».

Sui tempi dello scandalo che ha investito Luca Morisi, l'ex collaboratore di Salvini? E su Tiziano Renzi?

«Certo è che la tempistica lascia un po' basiti, perché l'inchiesta Consip non è nuova. Se c'erano elementi per il rinvio a giudizio c'erano da tempo e, da quel che leggo sui giornali, pure l'inchiesta che riguarda Luca Morisi non è recente. Guarda un po', proprio a quattro giorni dalla fine della campagna elettorale...».

Il clima, con le riforme Cartabia e i referendum sulla giustizia, però è favorevole al fronte garantista.

«Credo che il tema dello squilibrio dei poteri che incombe sulla nostra democrazia, il tema di una giustizia che misura il tempo in decenni, il tema di una certa magistratura che non agisce per fini di giustizia ma per fini politici siano urgenze del Paese, siano sul tavolo della politica e, se mi consente, siano pure urgenze percepite dai cittadini. La riforma Cartabia è una riforma necessaria, ma non è sufficiente. Mi auguro che i referendum passino e che i cittadini li votino».

Due punti che ritiene essenziali?

«La responsabilità di quello che i giudici compiono, che è un nodo importante. Ricordo sempre che il magistrato del caso Tortora ha fatto carriera. E questo non è possibile.

Di sicuro, la riforma del Consiglio superiore della magistratura, perché una magistratura divisa in correnti politiche è una caricatura della giustizia».

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