Cronaca internazionale

Quando la Regina decise sull'Afghanistan: "Harry può morire in battaglia, William no"

L'ex comandante dell'esercito: per il fratello minore rischio "accettabile"

Quando la Regina decise sull'Afghanistan: "Harry può morire in battaglia, William no"

Mancano 24 giorni all'incoronazione di Re Carlo III a Londra, il 6 maggio. Eppure il figlio Harry non ha ancora fatto sapere se sarà presente con la moglie Meghan e i figli, Archie e Lilibet, all'appuntamento storico per la Famiglia reale britannica. Pesano come un macigno i contrasti esplosi pubblicamente nel gennaio 2020 e culminati quest'anno con la pubblicazione dell'autobiografia «Spare - Il minore», in cui il secondogenito di Carlo e Diana ha raccontato la sua vita da eterno secondo rispetto al fratello William, prossimo erede al trono del Regno Unito. A confermare il destino di membro sacrificabile della famiglia sono arrivate adesso le dichiarazioni di sir Mike Jackson, all'epoca comandante dell'esercito di Sua Maestà, che ha parlato a «The Real Crown», documentario di Itv.

Il vecchio generale ha riferito che, a fine 2001, dopo l'attentato alle Torri Gemelle, quando il contingente britannico si schierò al fianco degli americani per combattere i talebani in Afghanistan, la Regina Elisabetta II non fece una piega e disse chiaramente «I miei nipoti si sono arruolati nell'esercito, quindi devono fare il loro dovere». Eppure solo a uno dei due venne concesso di partecipare al conflitto. E fu Harry. La ragione? «Si decise che il rischio era troppo alto per William, in qualità di erede dell'erede al trono. Ma che per suo fratello minore il rischio era accettabile», ha spiegato Sir Jackson, precisando di non voler raccontare chi disse cosa in quella conversazione tra lui e la regina e di essere consapevole di aver rotto il protocollo riferendo il contenuto del loro incontro.

La sostanza? Nonostante l'iniziale volontà di Sua Maestà - che era «a conoscenza di tutti i dettagli e su cui il generale pensò «wow, ne sa più di noi» - alla fine, dopo le consultazioni con gli alti comandi, i vertici dei servizi segreti dell'MI6 e i supremi funzionari di corte, si stabilì che William, allora secondo nella successione al trono dopo Carlo, non potesse correre il rischio di essere ucciso. Così alla fine Harry partì due volte per l'Afghanistan, nel 2007-08 per dieci settimane e nel 2012-13 per venti settimane, quando uccise «almeno 25 talebani», come racconta nella sua autobiografia. Al contrario, il fratello maggiore restò a Londra, pur volendo «assolutamente andare», dopo aver svolto 44 settimane di formazione alla Royal Military Academy Sandhurst ed essere diventato ufficiale nel 2006. Tutto come al tempo della guerra delle Falkland, quando a rappresentare la Casa Reale al fronte fu il principe Andrea, secondogenito della regina, e non Carlo. La conferma, ovvia quanto dolorosa per Harry, di essere il fratello sacrificabile sull'altare degli interessi della nazione.

Proprio lui a cui, dopo la frattura con la Famiglia reale e la rinuncia a essere «membro attivo», sono stati tolti i titoli militari e l'orgoglio di indossare l'uniforme dell'esercito negli eventi pubblici.

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