Ieri insulti, domani alleati nel governo che verrà. Lo scenario che vede il Pd fianco a fianco a Salvini nell'esecutivo guidato da Draghi manda i dem sull'orlo di una crisi di nervi. Difficile spiegare al proprio elettorato, e pure a se stessi, come si può governare insieme all'oggetto di tanti strali e attacchi, visto che Salvini è stato un bersaglio privilegiato del Pd, a tutti i livelli, sia quando era al governo che come leader del Carroccio all'opposizione. Restando solo alla storia recente, basta ricordare gli attacchi sui temi come immigrazione e sicurezza, che sono valsi al segretario leghista epiteti come squadrista, fascista, razzista. Ma ogni tema era terreno di possibile scontro con l'avversario per antonomasia. A giugno 2018, quando Salvini si dice contrario all'obbligatorietà dei 10 vaccini, ecco la senatrice dem Simona Malpezzi ironizzare sullo «sceriffo Salvini» e sul suo «delirante spaghetti western». Quando il leader del Carroccio era al Viminale, ecco Delrio punzecchiarlo perché più che al ministero era in giro per comizi, ricordando che «il problema di Salvini in Europa e al ministero dell'Interno in Italia, è sempre lo stesso: è sempre assente», mentre altri nel Pd lo inseriscono ad honorem tra «i furbetti del cartellino». E Salvini è «cialtrone» e «irrispettoso delle istituzioni» quando lascia il governo ad agosto 2019, secondo la deputata Pd Chiara Gribaudo, che pure su Facebook esulta per la «buona notizia». Così buona che, mesi dopo, il capogruppo al Senato dei dem, Andrea Marcucci, commentando una vecchia foto di Salvini con un estremista di destra, sospira per «i rischi che l'Italia ha corso fino all'agosto scorso». Ci va pesante, sotto Covid, anche il governatore campano Vincenzo De Luca, che dopo le polemiche di Salvini per i festeggiamenti in strada a Napoli dopo la vittoria degli azzurri in Coppa Italia, replica pur non citandolo mai per nome, definendolo un «somaro che ricominciato a ragliare», un «cafone politico» con una forte «propensione allo sciacallaggio e al razzismo» e con «la faccia come il suo fondoschiena peraltro usurato». E se sul sito web del Pd erano frequenti le foto di Salvini contornate da «vergogna», anche il segretario dem Zingaretti non si è tirato indietro. Ipotizzando, ad agosto scorso, che se sotto Covid avessimo avuto al governo il leader leghista e Giorgia Meloni «che ogni giorno attaccano l'Europa e che sul virus hanno gli atteggiamenti negazionisti dei loro amici Bolsonaro e Orban», probabilmente oggi saremmo «con le fosse comuni sulle spiagge».
E se i big non ci vanno leggeri, la base pesta anche peggio. Come il vicesegretario Pd di Bareggio, nel milanese, che in un post a giugno scorso bolla Salvini come «suino razzista». O come il gruppo consiliare Pd di Foggia, furioso per il passaggio del sindaco alla Lega, tanto da definire in una nota il primo cittadino «ducetto» e Salvini «razzista». Celebre anche la vicesindaca di Proserpio, provincia di Como, che immortala in video e pubblica su Facebook un battibecco in spiaggia a Milano Marittima tra lei e il «cazzaro verde», apostrofandolo perché «rovina il nome di questa bellissima città».
Ultima, l'ex presidente della Camera, Laura Boldrini, che pochi giorni fa ha spiegato su twitter come la pensa. Sì a una «maggioranza ampia e coesa», ma «mai» con la destra sovranista, «come ha detto Zingaretti». E invece, stai a vedere che aveva ragione James Bond: mai dire mai.
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