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Quanto ci costa Di Maio Gli scontrini d'oro da 7.300 euro al mese

A parole rinuncia ai soldi dello Stato. Ma da parlamentare ha speso oltre 400mila euro

Quanto ci costa Di Maio Gli scontrini d'oro da 7.300 euro al mese

Il M5S è ormai pronto per guidare un governo, consociativo o di scopo purchessia, giunto com'è alla fine di un percorso di trasformazione, avvenuto come si sa, non senza drammi e strappi. E a caro prezzo, almeno per i contribuenti, perché la costruzione del leader che incarna il nuovo corso del M5S è costata tempo, ma soprattutto denaro: più di 400mila euro. A tanto ammontano i rimborsi spese che Luigi di Maio ha totalizzato in 5 anni di legislatura.

Quasi tre volte quanto speso dal pur dinamico Roberto Fico, suo diretto competitor. La media fa 7.310 euro al mese. Come documentato da Panorama, gran parte dei soldi, erogati dalla Camera, sono serviti per «attività ed eventi sul territorio»: ben 191mila euro. Scomponendo poi questa somma, circa 50mila euro sono andati per «missioni non ufficiali» e 73.985 euro «in spese logistiche per la partecipazione agli eventi». Non male per il leader del movimento che si vanta di rinunciare al finanziamneto pubblico.

È dunque seguendo la pista dei soldi che oggi è possibile raccontare la mutazione dei grillini da forza di lotta a forza di governo. Un percorso lungo, fatto di piccoli passi, ma assai significativi del nuovo corso guidato dalla Casaleggio Associati. Basta con le piazze aizzate dai tribuni Grillo e Di Battista, il giovane leader pentastellato è più a suo agio nell'ovattata sala conferenze del Tempio di Adriano, per incontrare industriali, imprenditori e lobbisti, ai quali di Maio il 29 gennaio scorso presenta i nomi da lui scelti personalmente per i collegi uninominal. Ma i primi segnali di una certa predisposizione alla «flessibilità» etica, di Maio li mostra già all'ingresso in parlamento, nel 2013. Da un lato il simbolico rifiuto all'appellativo di onorevole, in luogo di un più rivoluzionario «cittadino», dall'altro la «dimenticanza» nella dichiarazione patrimoniale all'ufficio della Camera, sulla sua partecipazione al 50% in una società di costruzioni (la Ardima) insieme alla sorella Rosalba.

Tant'è, i duri e puri della base son distratti da ben altre crociate, mentre il giovane vicepresidente della Camera entra con inaspettata disinvoltura nella macchina parlamentare. Nella legislatura appena conclusa, di Maio vanta infatti l'83% delle presenze, ma cosa strana, risulta aver partecipato a poco più del 30% delle votazioni. Come si spiega? Facile, ci si dà alle missioni, e Luigino si dà, senza risparmio. Basta un certificato e, come a scuola, l'assenza è giustificata, ma soprattutto le decurtazioni di stipendio scongiurate. Tanto chi controlla? Di certo non la Casaleggio Associati, troppo occupata a randellare e purgare gli eccessi di zelo rivoluzionario degli altri adepti, intanto proprio sulla vil pecunia il Nostro mostra abilità da politico navigato, aggirando le ferree regole dettate dal codice etico interno, tetto a 3mila euro e niente benefit. Novello giano bifronte, interprete di un doppiopesismo dagli esiti imprevedibili, «Giggino webmaster» porta così anche a spese nostre, il M5S sempre più lontano dalle origini e sempre più vicino a lidi democristiani. Parabola dalla quale hanno già preso le distanze Beppe Grillo e Alessandro di Battista. Il comico genovese si prepara a «rifondare» il movimento delle origini? È la tesi sostenuta ieri dal sito Dagospia. Ma Grillo smentisce parlando di gossip: «È tutta invidia», dice.

Forse per il nuovo M5S del 2018, pronto ad andare al governo costi quel che costi.

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