Quello che la Camusso non sa. Perché un artigiano non chiude, perché non si arrende ai debiti, alle tasse e alla crisi? Perché è un sognatore. Per non sentirsi un fallito. Perché di solito certi mestieri li fai per passione. Perché se cadi crepi e non hai nessuno che ti raccoglie. Perché non hai santi in paradiso.
Quando Renzi davanti agli artigiani parla di eroi forse ha in mente proprio questo. «Chi la mattina si alza e prova a fare il suo mestiere, e lo fa mettendosi in gioco tutto, è un eroe dei tempi nostri, è un eroe della quotidianità». Il suo peccato è che li onora ma poi non fa nulla per loro. Promette. Ma davanti c'è un altro «Natale di guerra», un altro Natale povero, senza consumi, senza speranza, un altro Natale di crisi, il settimo. Non sono (...)
(...) arrivate risposte dalla legge di stabilità e alla fine anche gli «eroi» stramazzano. Anche gli «eroi» smettono di sognare.
Ma peggio del premier fa la signora del sindacato. La risposta di Susanna Camusso è la prova che la Cgil è miope come Mr. Magoo, come orbi sempre in orbita. «I veri eroi sono gli operai». «Il futuro non deve essere fatto da eroi ma da persone normali». E ancora: «È ingiusto che la crisi possa essere risolta da singoli eroi». Non ha capito nulla.
Renzi per una volta non sta parlando di «padroni». Tirare in ballo gli operai sembra una risposta automatica, qui si parla di artigiani che spesso non possono neppure permetterselo un operaio. Non perché non ne hanno bisogno, ma perché non saprebbero come pagare oneri, contributi e costi accessori. Se questi singoli crollano, si arrendono, la crisi sarà molto peggiore, perché questi artigiani rappresentano la «diversità» italiana. Sono il nostro Dna, la nostra identità. L'alternativa è la Cina.
Al di là di tutto questo la risposta della Camusso fa male perché il sindacato continua a non vedere l'Italia delle partite Iva. Che tutele hanno? Non possono neppure ammalarsi perché sono finiti. Non ci sono ammortizzatori sociali. Non ci sono santi in paradiso. Non sono rappresentati. Non fanno massa e non vanno in piazza. Si parla tanto di licenziamenti, giustamente. Ma si parla pochissimo di fallimenti. E il fallimento non è solo una vita che va a rotoli, ma si accompagna a un marchio d'infamia. I sindacati non hanno visto i precari. Non hanno visto le partite Iva del proletariato intellettuale, i «colletti blu», metà impiegati e metà metalmeccanici e continuano a non vedere le difficoltà degli artigiani. Sapete perché? Perché non sono loro «clientes», perché non appartengono alla cultura del sindacato, perché non sono iscritti e non si fanno rappresentare. Sono quelli che non hanno mai avuto il posto fisso.
È per tutto questo che l'artigiano è un vecchio eroe del nostro tempo. Il vero atto di coraggio è non chiudere tutto, mettere un cartello sulla porta della bottega o del laboratorio con su scritto: «Mi arrendo. Avete vinto voi». Il miracolo è che tanti non lo fanno.
Ti svegli e pensi che pure oggi ci sei, nonostante tutto. E davanti c'è un'altra giornata in cui provi a sopravvivere, bestemmiando contro la banca che ti ha appena rifiutato un prestito, con i fornitori che ti chiamano perché non hai ancora pagato (capita a due su tre) e tu temporeggi tra scuse e preghiere, contro una crisi senza fine e i clienti che non hanno più soldi da spendere, contro i ricchi che quando le cose vanno male sono i primi a nascondere i risparmi o a investire fuori, dove più conviene. Bestemmi contro le promesse di Stato, contro le chiacchiere sul Jobs Act, contro quelli che in tv parlano, sparlano, sputano sentenze, esattamente come al bar, ma con i toni di chi finge di averci capito veramente qualcosa. Maledetti economisti. Maledetti opinionisti. Maledetti saltimbanchi e arruffapopolo. Maledetti politici. E soprattutto bestemmi in aramaico e goto contro il calendario delle tasse e le rotture di scatole della burocrazia, con tutte quelle leggi inutili scritte da chi non sa neppure cosa sia fare l'artigiano.
Perché la verità è questa: gli artigiani e quelli come loro che scommettono ogni giorno sul proprio lavoro, nella cattiva e nella buona sorte, in salute o in malattia, in questo cavolo di Paese sono semplicemente invisibili.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.