Cronache

Quei borghi anonimi che devono tutto ai "pellegrini" gourmet

Tanti esempi dalla Caiazzo di Franco Pepe all'Acerenza di Tiri alla Licata di Cuttaia

Quei borghi anonimi che devono tutto ai "pellegrini" gourmet

C aiazzo è un torpido paesotto della provincia di Caserta, nella valle del Volturno. Un luogo di vicoli e scale, lontano dalle mappe del turismo che si ferma una ventina di chilometri più giù, alla reggia di Caserta. Eppure da qualche anno questo borgo, soprattutto la sera, brulica di persone. Sono i pellegrini della pizza, quelli che vengono ad assaggiare la margherita sbagliata di Franco Pepe, considerato dalle guide e dagli esperti il miglior pizzaiolo del mondo. Il suo locale, Pepe in Grani, è ormai un luogo culto: qualche centinaio di coperti nella pizzeria «normale», otto posti per supergourmet nella sala Authentica, dove Pepe propone un percorso di altissimo livello e, ogni tanto, ospita grandi chef e amici nella rassegna «Authentica Stellata».

Caiazzo grazie a Pepe e alle sue pizze si è ravvivata da un torpore quasi secolare. Sono sorti bed and breakfast per dare da dormire ai gourmet che, dopo essersi fatti un giretto nel paradiso del forno, non hanno voglia di mettersi subito in auto per tornare a casa. Lo stesso Pepe si è attrezzato per fornire poche ma eleganti stanze per i suoi clienti.

Caiazzo è un caso di borgo «miracolato» dal gusto, entrato nei navigatori dei gourmet e dei turisti grazie a un'eccellenza frutto della visione di un pizzaiolo, di uno chef, di un produttore, di un artigiano del gusto. In Italia ce ne sono molti. Come Acerenza, un grumo di case brune arrampicate a 833 metri in provincia di Potenza, dove nelle settimane che precedono Natale centinaia di persone si mettono in fila come groupie davanti alla pasticceria di Vincenzo Tiri, un giovane fornaio (ha 38 anni) che fa quello che viene considerato tra i migliori panettoni d'Italia nelle classifiche che ogni anno siti e riviste specializzate dedicano ai migliori esemplari artigianali del dolce delle feste per eccellenza. Da qualche tempo Vincenzo ha aperto un altro locale a uso di bar nella «metropoli» più vicina, ovvero Potenza, ma le file a Acerenza sono appena diminuite.

Molti borghi gourmet si trovano a Sud, in luoghi senza gloria. Da anni Licata, paesone portuale in provincia di Agrigento, gonfia i muscoli di orgoglio per il ristorante bistellato La Madia dello chef Pino Cuttaia, che in un corso trafficato, tra un elettrauto e una farmacia, propone una delle migliori cucine italiane in assoluto. Sempre in Sicilia, ma sull'isola di Salina, nel Tirreno, il ristorante Signum della bravissima Martina Caruso ha portato una stella nella scabra isola vulcanica delle Lipari che prima era considerata solo dagli amanti della tintarella selvaggia. In Calabria il ristorante Dattilo dell'azienda vinicola Ceraudo compie (felicemente) una sorta di mission impossible, quella di portare in questa terra sperduta, nelle campagne vicino a Strongoli, decine di buongustai ogni giorno, gente che mai si spingerebbe qui. In Campania Sant'Egidio del Monte Albano e Capaccio Scalo, nel Salernitano, si affollano di persone che vanno rispettivamente per i dolci di Alfonso Pepe (un altro che sta facendo la storia del panettone «terrone») e per le mozzarelle di bufala del caseificio Vannulo, considerate tra le più buone in assoluto. E che dire di Castel di Sangro, paese dell'entroterra abruzzese diventata la scatola nera del sistema Niko Romito, chef tristellato di Reale? Ad Acuto, in provincia di Frosinone, si arriva dopo mille curve ma si viene ricompensati dalla cucina genialmente «terragna» di Salvatore Tassa del ristorante Le Colline Ciociare, uno che avrebbe avuto la mano e la testa per diventare tra i primi cinque cuochi d'Europa ma ha scelto di non tradire le sue origini.

E anche a Nord l'oscura Rubano, nell'hinterland industriale di Padova, il ristorante Le Calandre dei fratelli Alajmo con le sue tre stelle fa da insolito richiamo, come accade del Resto a Brusaporto, nel Bergamasco, per altri fratelli, i Cerea, e il loro pure tristellato Da Vittorio e a Palazzolo sull'Oglio, nel Bresciano, per l'Osteria della Villetta, da anni stabilmente nella «top ten» delle migliori trattorie italiane.

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