Quei figli dell'élite all'evento da salotto

Oggi i figli dell'élite e dei loro servitori mettono a curriculum l'aver grigliato gamberoni sulla Rada di Gaza intorno a una flotta di attivismo mediatico

Quei figli dell'élite all'evento da salotto
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Ma queste folle che protestano chi rappresentano? I deboli del mondo? Le masse impoverite e depredate dalla globalizzazione? O le vittime dei 56 conflitti attivi - dal Sudan al Congo e all'Afghanistan-, che non hanno ancora imparato a risparmiare i bambini?

Già, perché sembra che esista solo Gaza. Perché è a favore di telecamere? E chi ce la mette? Ma davvero l'opinione pubblica occidentale è diventata così matura e illuminata da poter prendere di petto e risolvere la questione palestinese con tutte le sue contraddizioni?

Peraltro, tornando anche indietro di decenni e rivangando sul diritto della Nazione d'Israele di esistere. Proprio lì dove al conflitto visibile si intreccia il regolamento di conti tra sciiti e sunniti, che non perdonano ad Hamas di essersi venduta all'Iran che la usa come miccia per innescare ordigni lontano da casa.

Nel frattempo, da noi, le frange deteriori, non avendo idee, ne prendono in prestito sempre qualcuna per aggredire la polizia e creare quel disordine che ben rappresenta lo smarrimento delle loro menti.

Non credo che queste proteste giovino ai deboli, alle masse o alla fine delle guerre ma che piuttosto rappresentino le élite. Le élite oggi non mancano mai: sempre pronte ad imbarcare un homo novus che sacrifichi in dote la ormai rara e vituperata dignità, che a non averla se ne farebbero di affari.

Eppure, dovrebbe essere di monito la precedente fregatura delle élite della Rivoluzione Francese ridimensionate dal giovane Napoleone che cercò di rimettere insieme i cocci fino ad una Restaurazione che ha finito per distruggere quanto era rimasto.

Oggi i figli dell'élite e dei loro servitori mettono a curriculum l'aver grigliato gamberoni sulla Rada di Gaza intorno a una flotta di attivismo mediatico. Una Woodstock da salotto, una rivoluzione senza rischi, biglietto di un evento epocale per dire ai nipoti: io c'ero.

Con pacifisti curiosi, preoccupati della tregua perché con la pace il pubblico si perde. E dire che di cose per cui lottare ce ne sarebbero (fame, corruzione, etc.) ma si preferisce Gaza che offre un nemico chiaro, colpevole e addirittura bianco.

Il resto non interessa a questi movimenti di opinione, prima linea di élite internazionali che mal sopportano la democrazia e leader come la Meloni che, piaccia o no, è l'unico leader politico a mantenere un rapporto diretto con la società italiana.

Sotto la maschera del pacifismo, si muove una macchina perfetta di destabilizzazione: miliardari che finanziano rivoluzioni "dal basso", fondazioni che pagano i megafoni della rabbia e media che amplificano solo quello che divide. Con la scusa della libertà di parola si innesca la protesta che, come insegnavano Goebbels e Stalin, è la forma di propaganda più elegante.

In un Occidente sempre più smarrito, che attacca sé stesso come una malattia autoimmune, i nostri nemici, sempre più nomadi, hanno facile gioco a puntare su politicanti mediocri.

Perché per salire alla ribalta sono pronti a martellare i pilastri della civiltà liberale come la libertà religiosa e l'identità nazionale. Oppure a offrire una sponda a chi attacca l'unica cosa seria che ancora ci è rimasta: il popolo ebraico, memoria della civiltà e del suo prezzo.

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