Quei numeri troppo "su misura" per il governo I sospetti sui dati Istat e l'aspettativa di vita

Discrepanze con Eurostat. I sindacati: formeremo un team statistico per rifare i conti

Quei numeri troppo "su misura" per il governo I sospetti sui dati Istat e l'aspettativa di vita

Roma Tra i sindacati cresce la tentazione di mettere su una task force di esperti in statistica e previdenza per parare i colpi, presenti e futuri, sull'età pensionabile. Una sorta di Istat ombra che faccia le pulci all'istituto di statistica ufficiale ogni volta che sforna una statistica sfavorevole a lavoratori e pensionati. L'idea è riemersa in questi giorni sull'onda dell'aumento dell'età pensionabile a 67 anni nel 2019, per effetto dell'aumento dell'aspettativa di vita.

Decisione molto tecnica, che i sindacati sospettano sia stata suffragata da un dato ufficiale molto opinabile. «È legittimo qualche dubbio sull'assoluta esattezza delle stime fornite dall'Istat poiché in più di un'occasione l'Istituto ha rettificato misurazioni prodotte con notevoli oscillazioni, come nel caso del Pil lo scorso giugno», hanno obiettato Cgil, Cisl e Uil

Dietro la formula, il dubbio su quei 5 mesi di aumento della speranza di vita in un anno, che corrispondono esattamente ai 5 mesi di aumento dell'età pensionabile messo a bilancio dal governo. Peraltro dopo una diminuzione dello stesso indice nel 2015. A rafforzare i sospetti, i vari segnali arrivati dal governo da settembre, prima del dato Istat. Dichiarazioni del premier Paolo Gentiloni o del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan dalle quali emergeva chiaramente la certezza che l'aumento ci sarebbe stato comunque.

Il problema è che la statistica non è una scienza così esatta. Eurostat, ad esempio, riporta dati sulla aspettativa di vita in Italia che sono diversi di qualche decimale rispetto al dato Istat. Cambiano i criteri di rilevazione. E spesso in modo rilevante.

Un punto fisso della critica dei sindacati ai dati ufficiali è quello sulla spesa previdenziale. È il capitolo più rilevante delle uscite del bilancio pubblico italiano. In rapporto al Pil, secondo Eurostat, siamo secondi nell'Unione europea dopo la Grecia. Peccato che, ha denunciato Domenico Proietti, segretario confederale della Uil, nei dati ufficiali che l'Italia manda all'Europa ci sia dentro sia la spesa per le pensioni da lavoro, sia quella per le prestazioni assistenziali, che sono finanziate dalla fiscalità generale. Dentro la spesa previdenziale c'è anche il Tfr dei lavoratori. Un pezzo di stipendio accantonato, non spesa previdenziale. Comprendendo tutte le componenti la spesa previdenziale italiana è del 16,5% del Pil, la seconda per grandezza in Europa dopo la Grecia. Eliminando il solo Tfr, la percentuale scende al 15,1% e l'Italia passa dal secondo al quarto posto, dopo Francia e Portogallo. Calcolando la spesa pensionistica netto delle imposte, come avviene in altri paesi, la percentuale scende all'11%. Sopra di noi, Spagna, Germania, Austria, Francia Portogallo e Grecia. Sempre a proposito di pensioni, i sindacati hanno un altro problema con l'Istat.

Il protocollo di intesa con il governo siglato nel 2016, prevede che gli aumenti dell'età vadano calcolati sulle aspettative di vita non dell'intera popolazione, ma delle diverse occupazioni. Un dato che l'istituto di statistica non calcola.

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