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Quei "regalini" statali finiti fuori tempo

Come ha evidenziato l'ultima analisi della Cgia di Mestre, l'economia italiana è diventata una giungla di bonus.

Quei "regalini" statali finiti fuori tempo

Come ha evidenziato l'ultima analisi della Cgia di Mestre, l'economia italiana è diventata una giungla di bonus. Vi sono più di quaranta tipi diversi di sovvenzione, in settori molto diversi, e in numerosi casi questi aiuti sono stati erogati anche a chi non ne aveva alcun bisogno oppure sono stati introdotti solo per riscuotere un consenso politico immediato. Queste dichiarazioni attestano che simili iniziative politiche, che nell'insieme pesano per oltre 110 miliardi di euro, stanno perdendo credito e legittimità perfino tra i destinatari. Se in tempi di vacche grasse un'economia può anche in qualche modo procedere con tali scelte senza troppo compromettere i conti, questo non è più ammissibile quando il sistema produttivo è in difficoltà: perché non è ancora del tutto uscito dalla trappola del Covid-19 e già deve fare i conti con le conseguenze delle sanzioni e dell'invasione russa dell'Ucraina, con l'aumento dei prezzi e, più in generale, con una recessione che sta riguardando in vario modo l'economia globale. Un bonus è una buona intenzione che si traduce facilmente in esiti indesiderati. Soprattutto, quella che abbiamo visto è una mobilitazione delle risorse di tutti per ottenere obiettivi assai specifici ben graditi alla classe politica: dal rifacimento delle facciate alle ristrutturazioni degli impianti di riscaldamento. Il guaio è che nessuno più delle famiglie e delle imprese sa quale possa essere il migliore utilizzo di quel denaro. Il risultato è che ognuno si è trovato a investire tempo e denaro dove altrimenti non l'avrebbe fatto se non vi fosse stata una volontà politica che si muoveva in quel senso. Appare evidente che la crisi dovrà obbligarci a ritornare con i piedi per terra. L'inflazione comporterà tensioni sociali, dato che i salariati non potranno restare indifferenti all'aumento dei prezzi e al tempo stesso, però, le imprese sono spesso in difficoltà, e quindi non possono permettersi di alzare più che tanto i redditi dei lavoratori. In tale quadro i bonus ci appariranno sempre di più come i lussi di un'epoca lontana, nella quale un ministro poteva alzarsi al mattino e rovesciare una massiccia quantità di denaro su questo o quel comparto. Va anche aggiunto che nei prossimi mesi e anni bisognerà fare i conti con una specie di effetto sgonfiamento, poiché taluni settori si sono ampliati in maniera del tutto artificiosa e irrazionale, ma una volta che non vi sarà più il sostegno pubblico dovranno ritornare a dimensioni più contenute. Quello che stiamo imparando, in definitiva, è che i soldi dovrebbero per lo più rimanere nelle tasche di chi li ha prodotti: tanto più che nessun politico o burocrate può ragionevolmente sapere in quale direzione essi dovrebbero essere meglio investiti.

È bene che questa scelta sia in carico al legittimo titolare, che rischia del suo e più di altri è interessato a soddisfare domande effettive e a risolvere problemi reali.

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