Quell'ansia da lockdown che il governo ha alimentato

Dietro il suicidio del ristoratore di Firenze anche la paura di nuove chiusure evocata da ministri e tecnici

Il ministro della Salute, Roberto Speranza
Il ministro della Salute, Roberto Speranza

«Aveva paura di un nuovo lockdown», ha confidato il fratello dell'imprenditore che due giorni fa si è suicidato nel suo ristorante a Firenze. Il peso di un locale aperto poco prima della pandemia, un mutuo da pagare e incassi pressoché inesistenti. Un futuro così incerto da togliere la speranza, e la vita. «Il vero problema è stato l'incertezza - ha detto ancora il fratello a La Nazione - non sapere come sarebbe andata. Si parlava di una nuova chiusura, di un nuovo lockdown, è questo che lo ha reso fragile».

Incertezza, confusione. Le stesse che proprio il premier Conte, nell'informativa alle Camere del 29 luglio scorso sulla proroga dello stato di emergenza, chiedeva di evitare: «Non si faccia confusione sulla popolazione, perché oggi sui social c'è qualche cittadino convinto che prorogare lo stato d'emergenza significhi rinnovare il lockdown dal primo agosto. Non è affatto così. Manteniamo un cauto livello di guardia, non intendiamo introdurre misure restrittive, non vi è alcuna intenzione di drammatizzare o alimentare paure». Eppure a contribuire al caos percepito c'è stata una comunicazione istituzionale spesso contraddittoria. Sono solo degli ultimi giorni le dichiarazioni governative che escludono «allarmi ingiustificati» e chiusure imminenti. Ma negli ultimi mesi non è andata così, tra timori di nuove ondate in autunno, terapie intensive sotto pressione, possibili altri lockdown o mini zone rosse. Uscite e retromarce, come le ultime, travolte dalle polemiche, del consulente del governo Walter Ricciardi, che aveva paventato e poi smentito un rischio per la riapertura delle scuole a settembre. L'ultimo punto lo ha messo due giorni fa il ministro della salute Roberto Speranza escludendo categoricamente «nuovi lockdown. Bisogna mantenere la calma. Il nostro Paese non si trova nelle condizioni di dover attivare queste misure». Le dichiarazioni dell'esecutivo, anche le sue, non sono sempre state dello stesso tenore. Il 17 luglio lo stesso ministro spiegava: «Il nostro auspicio è che non si arrivi più a una chiusura totale, però questo non sta scritto nel cielo, dipende da noi». E il 9 agosto invitava a prepararsi «un autunno di resistenza, perché il virus non è scomparso. Non possiamo permetterci una nuova chiusura. Un altro lockdown sarebbe un danno enorme e dobbiamo evitarlo più di ogni cosa. È il pensiero che mi turba ogni ora». Gli faceva eco il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia il 18 agosto, quando metteva in guardia dai contagi in rialzo e ipotizzava mini zone rosse: «Potrebbero esserci delle zone chiuse. Spero che non ci sia un nuovo lockdown anche perché non potremmo permettercelo, avrebbe un costo troppo alto. Mi sento di escluderlo, ma nessuno al momento può dirlo». E ora con 900 casi giornalieri tornano alla mente le parole del coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo il 10 luglio scorso: «Una nuova ondata non possiamo escluderla. Siamo ottimisti anche se 200 nuovi contagi al giorno ci tengono svegli la notte».

Di fronte al cortocircuito comunicativo, il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri ieri ha intuito la necessità di un cambio di rotta: «Nel nostro Paese, oggi, abbiamo una

situazione completamente diversa rispetto a quella dei mesi passati - ha detto in un'intervista al Time - e questo è il cuore della comunicazione da trasferire ai cittadini che ad oggi sono preoccupati per un nuovo lockdown».

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