Quell'assurdo ritornello: "Se è di sinistra, è giusto"

In Italia vestiti di sinistra e puoi dire tutto e il contrario. L’ultimo a raccontare questa barzelletta è il "tecnico" Padoan

Quell'assurdo ritornello: "Se è di sinistra, è giusto"

Tutto ciò che è di sinistra, in questo Paese, è sinonimo di ben fatto. Professori universitari, giornalisti, ovviamente politici, usano indifferentemente le parole «di sinistra» e gli aggettivi «giusto», «ben fatto», «progressista».

Si tratta di una mistificazione linguistica, in cui rischiano di cadere in tanti. Anzi, ci sono cascati tutti. Chi oserebbe definire ben fatta una riforma «di destra», una scelta che guarda al futuro «di destra»? Nessuno.

L’ultimo in ordine di tempo a raccontare questa barzelletta è il ministro «tecnico» dell’Economia che, oltre a definirsi di sinistra, ha sostenuto su un giornale di sinistra, la Repubblica, che la sua manovra sulle pensioni è di sinistra perché pensa ai giovani. Lasciamo perdere per un attimo la sostanza della manovra governativa e atteniamoci al lessico: per dare forza, sponsorizzare, la sua legge, per far sentire a disagio chi dissente, il ministro definisce di sinistra la sua mossa. E la contestazione che gli arriva dagli oppositori è che la sua riformetta non è affatto di sinistra. Il ministro, per la verità, qualche anno fa avrebbe potuto dire con lo stesso tono che pensare agli anziani indigenti è di sinistra, che occuparsi dei lavoratori precoci e dei lavori usuranti è di sinistra, come oggi afferma il sindacato di sinistra, Cgil.

Le parolette magiche «di sinistra», vengono ritenute da questi politici che si sentono tecnici, ma non solo da loro, un passepartout per fare politiche che ritengono impopolari, ma che si affannano a giustificare, pennellandole di vernice rossa. E a cercare il facile consenso che la parola «sinistra», secondo loro, riscuote. Hanno lo stesso comportamento di quei bambini che, interrogati dalla maestra, sono i primi a smentire quella marachella che proprio loro hanno fatto e che proprio così dimostrano di avere commesso.

Pochi mesi fa, sempre su la Repubblica, se non sbagliamo, fu un altro tecnico, il ministro ex comunista, ex dalemiano Minniti a spiegarci che le sue politiche e interventi sull’immigrazione erano di sinistra, e che la sicurezza e la mano dura che stava adottando erano comportamenti tipici della sinistra. Contento lui...

Non pensiate che la cosa sia riservata ai soli politici che devono fare i conti con la pagnotta, e cioè il consenso popolare, discorso analogo vale infatti per professori e docenti. Degli opinionisti sappiamo e non è il caso di aggiungere molto. Riguardo agli augusti titolari di cattedra, ci preme ricordare Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Hanno scritto un libro che è un monumento a questa ipocrisia liberal (nel senso americano, in cui si vergognano a chiamarsi socialisti e perciò si autodefiniscono liberal) che si intitola, giuro: Il liberismo è di sinistra. Badate bene: non il liberalismo, ma il liberismo. Roba da matti. Possiamo, forse, non definirlo di destra (se intesa come conservatrice e protezionista), ma di sinistra certamente no.

In Italia vestiti

di sinistra e puoi fare e dire tutto e il contrario di tutto. È come se una parte del cervello, nelle nostre classi dirigenti, non esistesse. Solo l’emisfero «di sinistra» ha dignità di esistere. Tutto il resto è volgare

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