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Quelle fake news montate ad arte contro Trump

Non si è mai vista una stampa così apertamente schierata nel delegittimare un presidente

Quelle fake news montate ad arte contro Trump

C on Donald Trump il Quarto potere è diventato un contropotere militante che ha abbandonato le regole del mestiere per contrastare e delegittimare il presidente. In un'accelerazione in sincronia con i rumors (riportati ieri dal Washington Post) secondo cui al Congresso starebbero già circolando ipotesi di impeachment anche tra alcuni repubblicani.

Mai nella storia del giornalismo americano nemmeno durante la stagione della mobilitazione pacifista contro la guerra del Vietnam, quando Nixon accusava la stampa d'indossare l'elmetto dei Viet Cong, (versione Usa del nostro «eskimo in redazione») si era assistito a un uso tanto disinvolto delle notizie. D'altronde non si era nemmeno mai visto un presidente (e prima un candidato) tanto disinvolto nel frullare il vero con il falso, così che le sue smentite perdono autorevolezza, la stampa militante le ignora e servono ad alimentare la sete di sangue dei social media come le notizie incontrollate. Il suo attacco senza precedenti ad alcune testate «Non sono miei nemici, ma nemici del popolo americano» arriva dopo una settimana in cui sono uscite notizie che sotto qualsiasi altra amministrazione avrebbero avuto altri trattamenti, compreso il cestino.

La più clamorosa l'ha sparata l'Associated Press, una volta considerata la Cassazione delle news, con la storia del piano del dipartimento per la Sicurezza Nazionale di mobilitare 100mila uomini della Guardia Nazionale contro gli immigrati clandestini. Una breaking news lanciata dalla Ap su Twitter senza se e senza ma con l'enfasi d'una dichiarazione di guerra al Messico, presa come oro colato dai media internazionali, i quali l'abbiamo ben visto in Italia hanno ritenuto irrilevante la smentita della Casa Bianca. Nonostante con il passare delle ore la bomba si rivelasse un petardo bagnato: la decisione strategica era una «draft memo», non più che un appunto, dove tra l'altro non compare nemmeno la cifra dei 100mila uomini.

L'Ap ha lanciato una notizia devastante una massiccia operazione armata anti-clandestini senza verificarla. Nell'era Trump tutto appare lecito, anche screditare il giornalismo più rigoroso del mondo e per questo il più implacabile e influente che ha fatto dell'obiettività quasi una scienza esatta. Ogni giorno le imbeccate che escono come da un colapasta da Washington con il chiaro obbiettivo di zavorrare la presidenza (pare anche da ambienti Cia vicini al partito repubblicano), vengono messe in circuito senza filtri: dall'aggiramento delle sanzioni alla Russia studiato dal dipartimento del Tesoro che permetterebbero alle compagnie di compiere transazioni direttamente con i servizi di Mosca (si è scoperto che era uno studio pre-Trump), alla sezione Lgbtq che sarebbe sparita dalla webpage della Casa Bianca (come altre sezioni a causa di un restyling), all'affiliazione del candidato alla Corte Suprema Neil Gorsuch al club «Fascism Forever» (club mai esistito, ma inventato in una gara di scherzi alla festa di fine highschool). Senza dire dei cosiddetti «leakes» che hanno costretto il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Michael Flynn, alle dimissioni. Accuse gravissime di trattative con la Russia, fornite, cotte e mangiate nel giro due giorni. Nell'era pre-Trump (secondo l'Espionage Act del 1917) di fronte a notizie che possono mettere a repentaglio la sicurezza nazionale o compromettere l'immagine del Paese, era prassi di informare direttamente la Casa Bianca prima della pubblicazione.

Oggi il presidente lo legge su Twitter.

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