C'erano la «popolare», la «rurale», la «Balilla». Già, le radio: uno strumento indispensabile per le informazioni e le campagne già nel Ventennio. Oggi tra gli altri le colleziona Antonio Ronchi, classe 1964, milanese, direttore amministrativo di una società logistica: lui per passione le scova e le custodisce gelosamente, purché siano d'epoca. E nei suoi scaffali - in cui giacciono una settantina di pezzi in tutto - anche apparecchi fabbricati, veduti e utilizzati proprio nel periodo fascista.
«Ci tengo a precisare che nella mia collezione ci sono esclusivamente radio italiane - attacca Ronchi, invitato come ospite e testimone al MaMu il giorno in cui è stato presentato il saggio Mussolini e la sua Orchestra; è arrivato con i marchingegni radiofonici da mostrare al pubblico in sala - Sì, apparecchi del Ventennio, ne ho cinque o sei almeno. Pezzi che ho trovato nel tempo con lunghe ricerche attraverso altri collezionisti, intermediari o seguendo indizi e piste su internet; cose che certamente non si acquistano sui mercatini». Un po' di storia e modelli.
Le serie principali prodotte in quegli anni furono tre, ognuna con il suo preciso target. Per cominciare: la «radio Balilla» messa in commercio a prezzi economici; l'intento era diffondere questi strumenti di ricezione a condizioni favorevoli anche tra le famiglie meno abbienti. Poi la «Roma» che al contrario di altre «non aveva nessun simbolo - spiega l'esperto - apparecchio compatto e razionale, fu l'ultimo tentativo di usare, far circolare quel tipo di strumenti prima della fine del regime». Curiosità: vennero prodotte per qualche anno dopo il termine del secondo conflitto; infine la «radio rurale», un apparecchio che inizia a diffondersi nel 1933 e la cui produzione cessa nel 1939. «Quest'ultima - aggiunge - distribuita alle scuole e nelle sedi di partito, adatta durante le riunioni collettive, non era in commercio». Alla fine dell'epoca fascista, come sentimento di rivolta e di disprezzo a quella ideologia, moltissime radio sono state distrutte o mutilate dei simboli. A parte qualcuna, per volontà o per caso «sopravvissuta».
«Se le mie funzionano? - fa eco - Beh, quelle della collezione sono state restaurate in modo filologico, vanno ancora. Direi che il problema non è questo - conclude il collezionista - ma che le onde impiegate allora ora sono in disuso. Perciò le possibilità di usare questi apparecchi adesso sono davvero poche».
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