Da queste parole capisco quanto violenta sia ormai la tua passione

La risposta di Fabrizio Frizzi a Giosuè Carducci

Da queste parole capisco quanto violenta sia ormai la tua passione

Che io pretenda di commentare uno scritto del Carducci può forse essere considerato un atto vandalico. Ne chiedo scusa a colti e letterati. Ma da amante delle poesie del sommo, mi consento solo un commento di carattere umano su questa sua lettera d'amore. E provo a cimentarmi in un'impresa che - giuro - rimarrà unica nella mia vita.

All'epoca della missiva il vate era sposato, aveva appena avuto il quinto figlio, ma, evidentemente, aveva ceduto le armi di fronte a questa donna che, come diremmo oggi, era anche una sua grande fan. La prima cosa che mi colpisce? Nel pieno del suo appassionato scritto, Giosuè chiede a Lina di distruggere, subito dopo averle lette, le sue parole così intime, a tratti così fragili e disperate. E invece quelle parole oggi noi possiamo leggerle. Evidentemente non ci si può fidare neanche delle più amate. Mi sembra poi straordinaria la passione, quasi violenta e incontrollabile, che affiora in tutte le righe di questo scritto. Ci si sente, sotto, una consapevolezza inattesa: scoprire che a quel punto della sua vita, già celebre, onorato, padre di cinque figli, perfino un uomo come Carducci può rimanere spiazzato da un sentimento imprevisto, difficilissimo da gestire; qualcosa che, prima, nemmeno avrebbe ritenuto possibile. E questo sentimento è tale da fargli ammettere di bere, pur di allentare la tensione provocata dai silenzi e dai ritardi di Lina.

Oggi forse qualcuno definirebbe questo, con disapprovazione, un «amore senile». Ma sarebbe troppo sbrigativo. La relazione durò vari anni. Lina era una donna colta, sensibile. I due ebbero anche un figlio (che fu riconosciuto dal marito di lei). Voglio dire: evidentemente la loro passione era fatta anche di contenuti, non solo di sesso. E poi gli amori che fanno perdere la testa - a maggior ragione se la testa è quella di un Carducci - non possono essere amori da poco. Anche per questo mi fa sorridere (un sorriso sempre rispettoso, beninteso!) la desolata constatazione che lui, che mai si sarebbe fatto distrarre da uno «sguardo promettitore di donna», ora commetterebbe per lei «la viltà di rinnegare tutto». Mi fa tenerezza vedere che non sa trattenere i morsi della gelosia; che arriva ad immaginare lei, la sera, a letto, intenta a leggere «indubbiamente l' Eneide ». A quei tempi Skype non esisteva: era giocoforza affidarsi a frammenti di fiducia...

Ma il bello arriva nel finale, quando parlando di un prestigioso incarico che potrebbe andare ad un disprezzabile «scrittorucolo manzoniano», il vate quasi ne rimprovera l'amata. Il giorno in cui si discuteva di quell'incarico lui era a Milano con lei - dice - «se non fossi stato lì, ad amoreggiare con te - sembra sottintendere - le cose sarebbero andate diversamente!».

E sono proprio questi, umanissimi pensieri, a rendere Carducci simile a qualunque altro innamorato, di qualunque altra epoca. Assieme alle parole dolci, semplici e intense, che chiudono una lettera d'amore che dovrà lasciare il segno nella persona che amiamo.

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