Domenica Loffredo è una mamma senza più luce negli occhi. La luce si è spenta quando quel maledetto 24 giugno 2014 vide in terra il corpo senza vita di Fortuna, l'adorata figlia di 6 anni che tutti chiamavano Chicca: diminutivo perfetto per una bimba bella e sorridente.
Signora Loffredo, in questa tragedia lei non ha nulla da rimproverarsi?
«Nulla. Chicca era la mia vita. Con lei è come se fossi morta anch'io».
Ma Chicca le era mai parsa triste, impaurita, preoccupata per qualcosa?
«No. Era sempre felice. Mai un ombra sul suo viso. Non ho mai sospettato nulla di brutto».
Eppure di brutte voci tra i palazzoni del Parco Verde ne circolavano tante.
«È vero. Ma Chicca era sempre con me. La lasciavo andare a giocare solo da qualche amichetta. Esattamente come fanno tutte le mamme del mondo».
Ma lei conosceva l'uomo che è accusato di aver violentato e ucciso la sua bambina.
«No. Conoscevo solo la sua compagna e la madre di quest'ultima, che abita al piano sopra il mio».
Cosa le ha fatto più male dopo la morte di Chicca?
«L'omertà della gente. Non ho mai avuto segni di solidarietà. Neppure in questi giorni».
Cosa vuol dire alle persone che si sono sempre voltate dall'altra parte?
«Che quello che è capitato alla mia Chicca può capitare anche ai loro figli. Non deve mai più esserci omertà. Dobbiamo difendere le nostre creature dagli orchi».
Oggi qual è la sua speranza?
«Che i colpevoli paghino. Anche se a me Chicca non me la ridarà più nessuno».
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