Coronavirus

Isolamento, la solitudine dell'anima

Isolamento, la solitudine dell'anima

Nel clima surreale delle nostre città si aggirano spaesate due categorie di persone: quelle fobiche che camminano velocemente, a distanza di venti metri da qualsiasi altro essere vivente e indossano guanti e mascherine difficili da reperire. La seconda categoria sembra invece vivere nella realtà precedente al coronavirus: si incontrano in gruppo scambiando abbracci e strette di mano, siedono sulle panchine con a seguito bambini o genitori anziani. I più intimiti sono i ragazzi a cui nessuno può dire cosa fare. Atteggiamenti che suscitano rabbia in tutti quelli che invece stanno aderendo alle direttive che di colpo hanno cancellato la nostra socialità. I ribelli sono vissuti come gli untori che renderanno vano il sacrificio consumato in nome della salvezza comune. Sono additati come egoisti, ignoranti, da arginare con pene severe e restrizioni forzate affinché sia proibito loro di nuocere alla comunità. Eppure queste persone rischiano anche per loro e non sono animate dalla volontà di contagiare nessuno.

Non vogliono rinunciare alla vita, si ribellano alla paura del contagio, reagiscono negando la gravità della situazione, non si sentono probabili untori. L'isolamento non è facile da sostenere. È solitudine, è privazione non solo delle abitudini e dei divertimenti ma delle relazioni umane. Di punto in bianco ci è stato chiesto di non frequentare figli e genitori, amici e le persone che occupano uno spazio fondamentale nella nostra vita. A diventare centrale è il coronavirus e come proteggersi dal contrarlo attraverso l'espulsione dei nostri affetti più cari dalla quotidianità. Concentrati sul nostro corpo, come se l'anima potesse sospendersi, non ci rimane altro che il timore della malattia, cui non siamo preparati e che così si trasforma in una angoscia di cui nessuno si sta occupando. Ci sono le persone sole, gli anziani, gli immunodepressi, le badanti che lavorano a tempo pieno e dovranno rinunciare completamente alla loro vita privata. Non è strano né scandaloso che dal nord siano fuggiti verso il sud, in cui c'erano genitori anziani o nonni malati, se è prevalsa la paura di non vederli più.

Questi ribelli che mettono a repentaglio la salute pubblica hanno un comportamento riprovevole ma sono persone che nonostante il virus hanno bisogno di continuare a vivere per non morire dentro. L'incertezza domina, non sappiamo quando durerà e se ci salveremo.

Ma additare con rabbia chi infrange le regole sostituendoci alla polizia inasprisce un clima irrespirabile.

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