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Se per Saviano la sicurezza è un crimine

Se per Saviano la sicurezza è un crimine

Roberto Saviano accusa il decreto Minniti di classismo e razzismo. Per lo scrittore, diventato famoso grazie al racconto romanzato del degrado, non si può e non si deve criminalizzare l'uomo che vive ai margini della società. La sicurezza, il decoro, la quiete pubblica e la moralità non giustificherebbero l'allontanamento di chi le turba. Saviano dovrebbe dirci se ha bambini da portare nei giardini comunali trasformati in bivacchi per persone senza speranza d'inserimento e spinte per questo alla devianza e all'alcolismo. Dovrebbe dirlo agli anziani abitanti del quartiere Esquilino a Roma, buco nero nel cuore antico della città, che pochi giorni fa hanno assistito a una rissa fra transessuali colombiani imbottiti di stupefacenti e tutti con procedenti penali. Armati di bastoni e bottiglie rotte si picchiavano selvaggiamente nel via vai cittadino.

Saviano potrebbe dirci se ponti e piazze storiche diventate mercato di uno spaccio a cielo aperto gestito da manovalanza straniera sono il posto più indicato per i sabato pomeriggio dei nostri adolescenti. Quest'accoglienza, senza se e senza ma, che vorrebbe Saviano, emargina l'immigrato e discrimina il comune cittadino che vive la sua quotidianità tra ansia e paure. Un melting pot d'individui di etnia, religione e cultura diversa è un esempio positivo di società multietnica se riesce a costruire un'identità condivisa e benessere sufficiente per tutti. L'accoglienza a tutti i costi, che non si fonda su una politica capace di progetti che garantiscano legalità, un lavoro e una casa necessari a chi arriva, genera solo grossi disagi da ambo le parti, con l'impossibilità per gli uni di accettare gli altri con uno spirito di rispetto e cooperazione. L'integrazione non si può ottenere attraverso proclami ideologici e politicamente corretti che non tengono conto dei bisogni fondamentali della popolazione.

Saviano per convincerci dell'inutilità del decreto Minniti ci ricorda che con le leggi vigenti se qualcuno urla per strada ubriaco o si denuda, se spaccia o se ruba sarebbe già arrestato. E può dirci per quanto tempo starebbe in carcere? E sa cosa farà quando ne uscirà? Può spiegarci come mai gli abitanti di Povegliano hanno organizzato delle ronde per il «controllo del vicinato» se le leggi attuali sono già sufficienti a garantire sicurezza? Se ascoltasse le persone comuni saprebbe che ritengono pericolosi autobus e metropolitane perché loro non vivono scortati e magari non hanno una macchina per andare al lavoro. Noterebbe che l'apertura indiscriminata che ha permesso l'accesso ai troppi clandestini ha creato una situazione di tensione, in cui l'emozione prevalente di chi deve convivere con l'altro diverso da se è la rabbia, un'emozione che insorge quando è negata la possibilità di difendere se stessi, la casa e il proprio territorio.

E allora la rabbia può degenerare in una collera e un'intolleranza responsabili di una xenofobia che andava prevenuta.

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