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Dietro i rider c'è in gioco la società

I rider, ovvero i tantissimi fattorini che girano in lungo e largo la città con il loro carico di pietanze da asporto, lavorano per pochi soldi senza un contratto che li tuteli

Dietro i rider c'è in gioco la società

I rider, ovvero i tantissimi fattorini che girano in lungo e largo la città con il loro carico di pietanze da asporto, lavorano per pochi soldi senza un contratto che li tuteli e se si ammalano a causa della pioggia e il vento non hanno diritto né al medico né alla paga. Hanno lavorato il doppio in quest'anno di pandemia, anche durante il primo lockdown. Rischiano viaggiando su mezzi insicuri, con caschi non omologati, per soddisfare una richiesta che aumenta di giorno in giorno perché il servizio piace e costa poco. Si adattano per bisogno ma hanno salvato dal fallimento tanti locali che senza la consegna a domicilio avrebbero chiuso. Sono immigrati ma anche italiani, fra loro non soltanto i giovanissimi perché la crisi ha colpito al punto che un lavoro sottopagato in cui si rischia l'incidente stradale di giorno e di notte sembra ormai una manna dal cielo. Alla stessa durezza delle condizioni di lavoro sarebbero sottoposti i lavoratori di Amazon. Dai racconti di alcuni dipendenti emergerebbe una condizione inquietante: sono penalizzati nel loro punteggio personale, da cui dipende una futura assunzione, quelli che non eseguono «movimenti smart», con le posture più idonee a scaricare e impacchettare fino a 600 oggetti l'ora. Stessa sorte per i trasportatori che effettuano le consegne. Le nostre città si sono riempite di alienati da catena da montaggio che fingiamo di non di vedere, ormai convinti che il lavoro garantito e i diritti per tutti siano una chimera irrealizzabile. Fingiamo di non vederli anche se le loro condizioni lavorative sono moralmente inaccettabili. Questi nuovi schiavi sono un esercito di genitori precari con una identità sociale sempre meno stabile. Trasmettono ai figli l'idea di un lavoro che non ha più valore, che non dà sicurezza, per cui non conta studiare ma essere raccomandati. Lo Stato conferma questa svalutazione lasciando che continui la fuga di cervelli, ragazzi meritevoli che trovano spazio solo fuori dal paese o un lavoro soltanto se rinunciano al sogno per cui hanno studiato. Se non si difendono i rider passerà il messaggio dell'assenza di prospettive future possibili grazie all'impegno, alla conoscenza e all'onestà.

Siamo a un passo dalla fine di una società in cui le persone collaborano tra loro per la sopravvivenza della specie cui appartengono.

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